In ”Mare Dentro”, omaggiati Sophia Loren, Pino Daniele, Massimo Troisi, attraverso cinque musicisti e sei ballerini del balletto di Carmen Castiello, a sua volta premiata dal Prefetto per la sua carriera artistica

 La 44° edizione di Benevento Città Spettacolo è stata protratta a causa del maltempo, fino al 3 settembre. Come dice il proverbio :”Non tutto il male viene per nuocere”.  Abbiamo così visto perquattro giorni in più la presenza di questa kermesse nella nostra città, con il prosieguo di quell’aria di festa, che sicuramente la Rassegna ha impresso a Benevento.

 Immancabile la Compagnia “Balletto di Benevento”, della Maestra Carmen Castiello, con la partecipazione di Maurizio Tomaciello, che hanno reso un tributo alla cultura napoletana, con lo spettacolo “Mare dentro”, sia alla musica del grande Pino Daniele che al teatro di Eduardo De Filippo, sul magnifico sfondo di luci e di natura in Piazza G. Matteotti, detta di S. Sofia, dalla Chiesa longobarda, ivi presente. Cinque musicisti e sei ballerini, di cui due uomini, ci hanno presentato con le movenze della danza moderna, l’omaggio a Napoli rappresentata egregiamente da Sofia Loren, Pino Daniele, Massimo Troisi. Oltre alla danza, che con il movimento del corpo ci ha dato una completa narrazione, il movimento è stato sottolineato ed accompagnato da ottimi musicisti, una trasposizione artistica che si è avvalsa anche dall’utilizzo di costumi come sempre bellissimi, e rappresentativi di quanto accadeva sul palcoscenico.

 Lo spettacolo ha avuto inizio con la sola orchestra che ha suonato “Ussaje comm fa o cor”, canzone nata da una collaborazione tra due amici, Pino Daniele e Massimo Troisi, “due maestri che, seppur in ambiti diversi, hanno deciso di fondere i propri talenti. Definirli amici del cuore non è sbagliato perché è stato proprio questo muscolo il loro punto di forza ma purtroppo anche di debolezza, in quanto ha causato la morte di entrambi”.

 Come essi stessi dicevano: ” …la forza di questo rapporto, insomma è stato conoscersi, diventare unici, uniti, condividere visioni o situazioni ma, soprattutto, farlo con il cuore attraversando le cose in profondità, scavando nei sentimenti per arrivare dritti all’anima e poi al cuore”.

 L’omaggio a Pino Daniele è continuato con le coreografie ballate sui più grandi successi del cantautore napoletano a cominciare da “Quando” in un passo a due con Mirko Melandri e Giselle Marucci, seguita da un brano recitato da Maurizio Tomaciello. llbrano in questione fa parte dell’album “Sotto ‘o sole”, uscito nell’ormai lontano 1990. Parla di momenti di vita scanditi dal “cuore” , il vero protagonista, imprevedibile così come la vita perché tante volte si innamora di una persona indipendentemente da chi sia. Quando l’amore finisce bisogna accettarlo, come recita il famoso detto “Al cuor non si comanda” perché non fa mai sbagliare senza motivo”.

 Subito dopo il balletto sulle note della canzone “Alleria”, sempre di Pino Daniele, in cui l’artista “affronta il tema del tempo che passa e di come le cose cambiano e sfuggono. I testi catturano un senso di frustrazione e desiderio per le cose che sono state perse, e un desiderio per momenti o ricordi che possono aiutare ad alleviare il dolore”.

Sappiamo bene però che “alcune cose non possono essere trattenute per sempre. Il ritornello ripetuto di “L’alleria se ne va” sottolinea la necessità di apprezzare il momento presente prima che sfugga. I ricordi alla fine sfuggono mentre il tempo avanza”.

La danza ha ripercorso così i momenti salienti dell’attività musicale di Pino Daniele, continuando a presentare i suoi brani più significativi, quale “Terra mia”, il suo primo album del 1977 nel quale sono contenuti classici indimenticabili come “Napule è” e “Natazzulella ‘e café”.

La Compagnia ha poi voluto sottolineare l’impegno sociale di Pino Danile, quando nel 1979 uscì un suo nuovo album dal titolo “Pino Daniele” di cui faceva parte “Chillo è nu buono guaglione”. Con questo brano l’artista napoletano fu uno dei primi ad affrontare il tema dell’omosessualità  e della transessualità, argomenti all’epoca ritenuti tabù. Il testo narra di un ragazzo che sogna di diventare donna. “Chillo è nu buono guaglione e vo’ essere na signora”. Si prostituisce e per poter pagare l’operazione “fa ‘a vita sott’ a nu lampione, e quando arriva mezzanotte scende e va a faticà […].

Chillo è nu buono guaglione s’astipa ‘e sorde pe l’operazione, non ha alternativa”, non può fare altrimenti. Vorrebbe in futuro chiamarsi Teresa e poter avere un marito e una casa: “crede ancora all’amore, e sogna la vita coniugale”. Il ragazzo, non vorrebbe essere deriso dalla gente che lo osserva. Vorrebbe sentirsi accettato “e uscire poi per strada e gridare: so’ normale e nisciuno me dice niente, nemmeno la stradale”. “Chillo è nu buono guaglione”. La frase è entrata ormai anche nel linguaggio popolare per giustificare un giovane che, nonostante la sua indole, rimane in fondo un bravo ragazzo.

  La quinta coreografia è stata dedicata ad una delle più belle canzoni del genere bluesman napoletano: “Je so’ pazzo”. Il brano vedeva il cantautore vestire i panni di un moderno Masaniello che, come dice la critica, ”dava voce alla rabbia e al desiderio di giustizia della propria generazione. 

  Simbolo di Napoli, e dei napoletani, Pino Daniele è riuscito, nel corso della sua carriera, ad unire la storia della musica partenopea con quella del blues americano”, attraverso il brano “A me mepiace il blues” .

  Sorrentino ha scelto “Napule è” per accompagnare le immagini conclusive del suo ultimo film, “È stata la mano di Dio”. «Il protagonista ha sempre le cuffie nel film, ascolta la musica come tutti i ragazzi, ma è come se non la sentisse davvero», ha detto il regista, «E invece alla fine le note riescono idealmente a passare dal walkman, per arrivare a lui e a chi guarda, perché Fabio guarda al futuro!”

 Che dire poi della coreografia sul malinconico brano “Lazzarifelici”. Chi erano i Lazzari? Con il termine lazzari si indicavano i giovani dei ceti popolari della Napoli del XVII, XVIII e XIX secolo. Gente povera come il Lazzaro del Vangelo, quello che chiede l’elemosina alla porta del ricco Epulone. Eppure questi Lazzari riuscivano a sopravvivere senza eccessive preoccupazioni. Spesso sfaccendati, si adattavano a compiere qualsiasi mestiere non disdegnando, talvolta, di compiere qualche furto o raggiro”. Pino Daniele li definisce felici pur riconoscendoli nella tristezza. Ne esalta l’istinto di sopravvivenza, tipico del popolo napoletano, il quale riesce sempre ad alzare la testa anche nelle situazioni più difficili e imbarazzanti.

 Bellissima anche la coreografia di ‘Quanno chiove’, uno dei brani in lingua napoletana più famosi di Pino Daniele.  Ha un significato profondo e delicato, che troviamo nell’album ‘Nero a Metà’. È il racconto della giornata di una prostituta. Il cantautore immagina di incontrare quella ragazza che, come tutti sanno e come tutti fanno finta di ignorare, esercita il «noto mestiere» .

 C’è però un momento in cui arriva la pioggia e con essa l’acqua che ripulisce dallo sporco della vita e di un mestiere, che riporta tutto al punto di partenza. Nella canzone è presente un auspicio: «Tanto l’aria s’adda cagna‘». E l’aria deve cambiare e con essa, si spera, anche una vita troppo pesante.  A quasi quarant’anni dalla sua incisione, “Quannochiove” resta di sicuro uno dei capolavori dell’artista partenopeo, morto il 4 gennaio 2015.

 “Chi ha il mare porta una croce…”. E’ una delle frasi che meglio rappresenta il senso di questo brano dove l’autore intende esprimere che chi ha la fortuna di essere nato a Napoli, per tutta la vita sarà costretto a pagare per questa sorte. E’ quanto dice la canzone  “Chi tene ‘o mare”, canzone che fonda insieme il blues di Pino ed il jazz di Senese. L’autore diceva: ”Per me questa canzone significa che chi vive in un posto splendido e accogliente come Napoli s’illude che la natura basti alla bellezza: “è fess e cuntent”. Infatti non è sufficiente vivere in un posto bello, un posto per soli turisti, che vengono, ammirano e poi se ne vanno”.

“Chi al contrario vive in posti così “porta na croce”: è in realtà un fardello, perché non basta avere  uno splendido mare, la natura intorno, la bellezza del creato. Chi vive in questi luoghi, spesso, non ha altro. Manca il lavoro, mancano le strutture: scuole, campi sportivi, teatri, luoghi di ricreazione. È quello che viene definito: “il fardello dei popoli del Mediterraneo”, che vivono in un luogo sereno e, magari, proprio per questo, non riescono ad autogestirsi. “Chi tene ‘o mare, ‘o ssaje, nun tene niente”.

Non poteva mancare l’omaggio al grande Eduardo De Filippo, da parte di Maurizio Tomaciello, con la recitazione di un brano, tratto da “Peppino Girella”, in cui si prende atto che a volte inevitabilmente ci rassegniamo. “Tutte le situazioni così l’abbiamo risolte: è cosa ‘e niente, è cosa ‘e niente. non teniamo che mangiare: è cosa ‘e niente. ci manca il necessario: cosa ‘e niente. ‘O padrone muore e io perdo il posto: vabbuo’ cosa ‘e niente, cosa ‘e niente. Ci negano il diritto della vita: è cosa ’e niente. Ci tolgono l’aria: vabbuo’ che vvuo’ fa’, è cosa ’e niente. Sempre cosa ’e niente.  Quanto sei bella. Quanto eri bella. E guarda a me, guarda cosa sono diventato.A furia ‘e dicere “è cosa ‘e niente” siamo diventati cos’e nient io e te. Chi ruba lavoro è come se rubasse danaro. Ma se onestamente non si può vivere, dimmi, dimmi “vabbuò è cos’e nient. Non piangere è cos’e niente. Se io esco e uccido a qualcuno è cos’e nient. E se io impazzisco e finisco al manicomio e ti chiedono perché vostro marito è impazzito tu devi dire: è impazzito per niente. È cos’e nient. È niente. È sempre cosa ’e niente”.

Abbiamo piacevolmente ritrovato la Maestra Carmen Castiello nella rubrica ”La Musica a Benevento”, creata e sviluppata dal maestro Enrico Salzano. La ribrica, giunta quest’anno alla 17° edizione, è diventata ormai parte integrante di Benevento Città Spettacolo, con la consegna del Premio alla Carriera. La rubrica ha il compito di presentare e ricordare gli artisti sanniti e campani, ed è nata da un ‘idea e dall’impegno del Maestro Salzano, il quale non ha voluto che il nostro patrimonio artistico andasse disperso. Per questo suo amore per la conservazione delle opere e del lavoro svolto dai musicisti sanniti, è stato, a sua volta, premiato con lo stesso premio da lui ideato.

 Alla Maestra Castiello è stato consegnato il premio dal Prefetto di Benevento, Dott. Carlo Torlontano, il quale si è complimentato con lei, per il lavoro che la scuola svolge giornalmente: “per la diffusione della cultura musicale a sostegno della legalità”. Si, perché la danza educa i giovani alla disciplina, al rispetto, all’amore per la musica, tutti sentimenti manifestati con la gestualità.

Maria Varricchio

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