Zarro: notificare 8 giorni prima delle elezioni un provvedimento restrittivo richiesto dal pm 10 mesi prima puzza di entrata a gamba tesa (nella campagna elettorale)

Carmine Valentino, sindaco di Sant’Agata de’ Goti fino alle elezioni del  26 maggio 2019, quando non venne più ricandidato avendo svolto 2 mandati,  è stato raggiunto, alle ore 7 del 25 settembre scorso, da un cautelare provvedimento restrittivo che gli vieta, nel proprio domicilio, di avere rapporti, anche telefonici, con persone diverse da quelle che convivono con lui.
Secondo l’accusa, Valentino, avrebbe tentato, nel 2017, quando era sindaco,  una concussione nei confronti della segretaria comunale, perché, nella sua qualità di componente  la commissione preposta ad espletare la gara per la riscossione dei tributi locali, affidasse un punteggio maggiore ad una società, secondo l’accusa,  a lui vicina, la Sogert,  che aveva partecipato all’affidamento dell’appalto. Ma la gara, poi, dopo le dimissioni della segretaria da componente la predetta commissione  e la conseguente denuncia del caso alla Procura della Repubblica, sarà annullata. La gara successiva, però, espletata da una commissione di cui non faceva più parte la segretaria comunale, sarà vinta dalla Sogert,  senza che Valentino,  afferma il Gip, sia intervenuto in suo favore verso la commissione, contrariamente da come avrebbe fatto, sempre secondo l’accusa, nel corso dello svolgimento della prima gara. Alla Sogert, però, non è stato affidato l’appalto perché, intervenuto il dissesto finanziario del Comune,  gli incassi dei tributi non sarebbero stati versati sul conto corrente della Sogert, bensì su  quello dell’organismo straordinario di liquidazione. Ora pende il ricorso della Sogert dinanzi alla giustizia amministrativa.
Dopo la notifica di quel provvedimento, Valentino si è dimesso da segretario provinciale del Partito Democratico, una carica alla quale, per sua espressa volontà,  non si sarebbe più ricandidato nel prossimo congresso che avrà luogo, ad elezioni comunali terminate, verso la fine dell’anno,  non essendosi potuto svolgere a fine luglio per degli impedimenti introdotti dal segretario regionale del Partito, Leo Annunziata, nell’assecondare il non rispetto delle procedure, che,  agitato da chi non aveva titolo per farlo, è stato ritenuto insussistente dagli organi centrali del Partito.
Valentino, che da segretario virtualmente dimissionario aveva già affidato la guida del Partito ad una segretaria composta dal vice segretario Giovanni Cacciano, dalla coordinatrice Antonella Pepe e dal segretario cittadino Giovanni De Lorenzo, ha comunicato  le sue dimissioni, con l’autosospensione dal  Partito,  al segretario nazionale, Enrico Letta, il quale ha nominato un commissario, fino alla celebrazione del congresso provinciale, nella persona del responsabile Politiche  per la Sicurezza in seno alla segreteria nazionale del Partito, Enrico Borghi, un deputato della Valle dell’Ossola in Piemonte, divenuta famosa da una canzone, “Quaranta giorni di libertà”, cantata da Anna Identici, poiché  quella Valle si era subito liberata dai nazisti, ma solo per quaranta giorni. 
L’annuncio di questa nomina è stato dato nel corso di una conferenza stampa, convocata ad horas per le ore 12 del 25 settembre dalla segreteria provinciale della Federazione di Benevento del Pd, nel corso della quale il presidente provinciale del Partito, Giovanni Zarro, pur rispettoso verso la funzione che svolge la 

Magistratura, non ha mancato di osservare che infliggere 8 giorni prima delle elezioni, provvedimenti restrittivi della libertà ad una persona, per fatti da accertare e risalenti ad anni fa, con una richiesta firmata dal pm il 20 novembre 2020, “puzza di entrata a gamba tesa”, aggiungiamo noi, nella campagna elettorale.
Secondo quanto ha scritto Il Mattino, che solitamente non si pone mai di traverso rispetto all’operato della Magistratura, il lungo tempo intercorso  tra la richiesta del provvedimento restrittivo firmato dal sostituto procuratore, Francesco Sansobrino, e la notifica del provvedimento medesimo alla persona interessata, da parte del Gip, Gelsomina Palmieri, è stato dovuto ad un necessario approfondimento della vicenda. 
Certamente suscita meraviglia il fatto che per approfondire un provvedimento restrittivo cautelare della libertà necessitino 10 mesi, per essere poi notificato al segretario virtualmente dimissionario di un partito 8 giorni prima delle elezioni comunali di Benevento, in cui tale partito è fortemente impegnato. Ma meraviglia anche il fatto che la misura cautelare sia stata disposta  nei confronti di una persona che, non essendo più sindaco, non avrebbe potuto inquinare le prove, anche se il Gip sostiene che gli stessi reati contestati possano essere reiterati, in quanto l’indagato, leggiamo sul Mattino, “strumentalizza il suo ruolo politico”, non si sa se in quanto consigliere comunale di opposizione a Sant’Agata de’ Goti o in quanto segretario provinciale di un partito, “per favorire interessi privati”. Speriamo che la riforma della Giustizia, che dovrebbe fortemente ridurre la durata dei processi, non richieda approfondimenti così lunghi per l’adozione di misure cautelari.
In un nostro precedente “pezzo” abbiamo già scritto che ambienti vicini al Palazzo di Giustizia auspicano la rielezione a sindaco di Clemente Mastella, per impedire il ritorno a Palazzo Mosti di quelli  che c’erano prima, ammesso che quelli  che c’erano prima abbiano demeritato, considerato che Mastella, nel corso del suo mandato, ha inaugurato, anche di recente (intervento su 500 metri di via Grimoaldo Re e installazione dell’ascensore nel Palazzo Mosti), solo le opere progettate e finanziate da quelli che c’erano prima, poiché di suo non c’era nulla da inaugurare.
Escludiamo, nel modo più assoluto, che ci possa essere una qualche connessione tra le aspirazioni di questi ambienti e le decisioni della Magistratura, anche perché questi ambienti non sanno, evidentemente, che in nessuna delle coalizioni che si oppongono alla coalizione che sostiene Mastella, sono candidate persone impegnate  nelle precedenti giunte di centro sinistra.

Cinque ex assessori di centro sinistra sono con Mastella, mentre nessun ex assessore di centro sinistra è candidato nelle liste che sostengono il candidato sindaco Luigi Diego Perifano
Semmai, bisogna ricordare a questi ambienti che cinque   ex assessori delle amministrazioni di centro sinistra (Raffaele Del Vecchio, Luigi Scarinzi, Cosimo Lepore, Rosario Guerra e Luigi Abbate, quest’ultimo eletto consigliere regionale il 20 settembre 2020 nella  lista di Noi Campani, il  nuovo soggetto politico di Mastella) sono dalla parte del sindaco uscente. Tre di loro (Scarinzi, Lepore e Guerra) sono candidati in liste della sua coalizione, mentre un paio di consiglieri, compreso Francesco De Pierro, che è  sostanzialmente ritornato nella casa madre mastelliana, eletti nel 2016 in liste di centro sinistra, sono ora  candidati in liste che sostengono Mastella. Raffaele Del Vecchio, scelto dal Pd nel 2016 come competitore di Mastella, oggi appoggia dall’esterno la ricandidatura del sindaco, dopo aver garantito da due anni a questa parte, insieme a Francesco De Pierro  e a Cosimo Lepore, il numero legale  nelle sedute consiliari, quando Mastella non aveva più una sua maggioranza, sino a votare poi i provvedimenti di questa maggioranza, non rispettando, in entrambi i casi, le indicazioni della maggioranza della federazione del Pd. Tuttavia, i 3 consiglieri, hanno preteso di continuare a chiamarsi gruppo del Pd, anche dopo che gli altri 3 consiglieri del Pd hanno dovuto costituire un altro gruppo  che fosse espressione della maggioranza del Partito. L’assurdo, però, è che la lista che Del Vecchio ha costituito a supporto di Mastella, sarà “benedetta” dal vice presidente della Regione, il dem Fulvio   Bonavitacola, martedì 28 settembre, con una sua trasferta a Benevento,   a conferma di come il Pd regionale abbia voluto ingerire nelle scelte autonome, come prevede lo Statuto, della federazione provinciale del Pd, pur di imporre, senza riuscirvi, l’appoggio del Pd sannita alla ricandidatura di Mastella, in applicazione di uno schema, quello che ha portato alla riconferma di Vincenzo De Luca alla guida della Regione, che non ha trovato riscontro negli altri tre capoluoghi campani dove si vota.Checché ne pensino Bonavitacola e Annunziata, questi signori che, iscritti al Pd, hanno dato vita ad una lista in sostegno di Mastella, dovranno essere   sbattuti fuori dal Partito, se il Pd è ancora un partito serio, in quanto, nel caso malaugurato, incrociamo le dita,  Mastella  dovesse vincere le elezioni, loro avranno fatto la differenza.Ma martedì 28 settembre, verrà a Benevento anche il ministro  dem del Lavoro, Andrea Orlando, per sostenere la coalizione collegata alla candidatura a sindaco di Luigi Diego Perifano. A questa manifestazione farà seguito quella del 30 settembre, cui parteciperanno  la capogruppo dei deputati del Pd,  Debora Serracchiani, e il commissario Borghi, che in tale occasione anticiperà la sua venuta a Benevento. Rispetto a questi fatti, per l’irresponsabilità di chi guida il Pd  in  Campania, il cittadino è portato a ritenere che c’è un Pd a Roma e un Pd in sede regionale, che però viene sempre sconfessato da quello guidato da Enrico Letta e che, tuttavia, non si arrende, neanche dopo che i filomastelliani,  sostenuti dal segretario regionale del Pd nel volere l’applicazione del predetto schema a Benevento, hanno presentato una lista schierata in appoggio di Mastella, mentre la coalizione che sostiene Perifano, nella quale è schierato il Pd, combatte la rielezione di Mastella. 

Provenzano: tra la destra e il Pd non c’è niente. C’è solo il trasformismo meridionale
Eppure, Peppe Provenzano, il vice segretario nazionale del Partito Democratico, venuto a Benevento il 22 settembre per sostenere la coalizione schierata con Perifano, ha detto: “Il Partito Democratico è uno solo, da Roma a Benevento. E’ qui con il suo simbolo, mentre c’è chi si nasconde dietro una lista civica (allusione alla lista promossa da Del Vecchio – ndr), in quanto non ha il coraggio  di riconoscere che, quando si  compie una scelta democratica, questa scelta va rispettata, perché dietro questa scelta c’è l’idea di una battaglia politica”.
Poi, Provenzano, che spesso ha polemizzato a distanza con Mastella senza farne il nome, ha precisato: “Quasi dappertutto i cittadini, in queste elezioni, sono chiamati a fare scelte di campo. C’è una destra e poi ci siamo noi che vogliamo  costruire un campo progressista in cui si possano riconoscere coloro che hanno visto il protagonismo del Pd con le sue battaglie in Europa, sia nel Conte 2, che ha fatto quel negoziato a livello europeo, sia ai vertici delle istituzioni. In mezzo, in tutta Italia, tra la destra e noi, non c’è niente, se non l’eterno trasformismo italiano e meridionale”.

Mastella dice che senza il centro il Pd perde dal 2006. Ma nel 2006 il Pd non si era ancora costituito
Mastella fa senso, pertanto, quando dice che “il Pd senza il centro perde dal 2006”. A parte il fatto che il Pd ha vinto anche nel 2013, quando alla Camera ha ottenuto il premio di maggioranza, questa tiritera l’ha ripetuta anche alla prima apparizione pubblica, 7 giorni prima del voto, di Sannio Libero, la lista presentata da Fernando Errico, il sindaco di S.Nicola Manfredi nominato da De Luca a sovraintendere ai lavori dell’Alta Capacità Ferroviaria NA-BA, per aver presentato, alle elezioni regionali, nella circoscrizione di Benevento,  la lista Campania Libera in suo sostegno. 
In tale occasione, oltre a dire che lui vincerà di sicuro, non più con certezza al primo turno, contrariamente da quanto aveva affermato spavaldamente nel  comizio tenuto in piazza Roma, ha annunciato che dopo la vittoria costituirà un altro soggetto politico che soppianterà Noi Campani. Ma Mastella ha minacciato di denunciare mezzogiornoitalia.it,  il giornale online che, la settimana scorsa, forte di recenti sondaggi,  ha messo in discussione la sua ipotetica vittoria, nella misura in cui ha parlato   di una quasi parità tra Mastella  e  Perifano, con la possibilità che Perifano possa superarlo, se il ritmo del suo trend non si arresta.
Ma vediamo cosa è successo nel 2006. La Unione  di centro sinistra, in quelle elezioni, ha superato di appena 24.000 voti la coalizione di centro desta guidata da Berlusconi, sicché tutti hanno potuto dire allora di essere stati determinanti  per la vittoria di Romano Prodi, il quale, mentre alla Camera dei Deputati aveva conseguito il premio di maggioranza, al Senato, erano divenuti quasi determinanti i tre seggi conquistati dall’Udeur, nelle persone di Clemente Mastella, Tommaso Barbato e Nuccio Cusumano. E forte del peso del suo Udeur in quell’Aula, Mastella dimostrò il suo essere determinante in occasione del Presidente del Senato, per trasmettere a Prodi un messaggio finalizzato ad avere un ministero importante (gli verrà assegnato quello alla Giustizia). 
Per la elezione della Camera, invece, Mastella sapendo di non superare lo sbarramento del 2% per aver l’attribuzione di seggi, chiede a Prodi di candidare nelle liste dell’Ulivo 5 esponenti dell’Udeur, in cambio dei voti che lui avrebbe portato alla Unione. Ma siccome Mastella è nato con la camicia, avendo  ottenuto per la elezione della Camera l’1,5% (una percentuale molto alta, mai conseguita dall’Udeur prima di allora), venne ripescato come miglior perdente. Ottenne così la elezione, nelle liste dell’Udeur, di altri 9 deputati.

Mastella è stato sconfitto due volte nel collegio n. 9, quando si votava con il Mattarellum
Questo l’apporto che l’Udeur, unica forza di centro, ha dato al Pd, inesistente nel 2006 perché si costituirà soltanto nel 2007, attraverso la fusione dei Ds con la Margherita, un’altra  forza di centro, già organica, però, alla formazione dell’Ulivo di Prodi. Va ricordato, altresì, a Mastella che, nel 2001, il suo Udeur (il resto del centro è con Berlusconi) non fa vincere le elezioni a Rutelli. Anzi, in quella tornata elettorale, nel collegio numero 9 (Sant’Agata de’ Goti), candidato nella formazione dell’Ulivo, dopo essere passato a sostenere nell’autunno del 1998 il governo D’Alema, viene sconfitto da Antonio Barbieri, candidato del centro destra, una sconfitta che segue quella inflittagli 5 anni prima dal magistrato Michele Abbate, candidato del Ppi nella coalizione dell’Ulivo,nello stesso collegio n. 9,  mentre lui era candidato del centro destra.
Lui, poi, siccome è nato con la camicia, nel 1996 e nel 2001, venne eletto in altri collegi e/o circoscrizioni. Ma queste sconfitte gli sono state ricordate, di rimando a sue puerili sortite, da Luigi Diego Perifano, nei confronti del quale egli continua ad agitare l’appartenenza ad una loggia massonica del candidato sindaco di Alternativa per Benevento. A nulla è servito, dunque, che Perifano abbia chiarito che ora lui è iscritto soltanto all’Anpi (associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e all’Unione Nazionale per la Difesa dei Diritti dell’Uomo, non mancando di  precisare che quando lui era iscritto alla loggia Torre, cui è iscritto anche un assessore  del sindaco uscente senza che Mastella si sia scandalizzato, ha stretto solo mani di persone per bene.

L’Udeur di Mastella è stato rappresentato anche da camorristi nel Consiglio regionale
Insomma, Perifano non ha stretto mani di persone come Nicola Ferraro, un casalese che, eletto consigliere regionale dell’Udeur nel 2005,  è stato poi condannato a 9 anni e 4 mesi, perché ritenuto colluso  con i casalesi almeno dal 2000. Perifano, inoltre, non è stato mai capo di un partito con una percentuale da prefisso telefonico come l’Udeur, che però, nelle elezioni regionali del 2010, diventa il primo partito a Casal di Principe.Ma Mastella ha polemizzato, a distanza, anche con Peppe Provenzano, sostenendo che il ricercatore di S.Cataldo è stato ministro per appena un anno, mentre lui è stato parlamentare della Repubblica per 40 anni e due volte ministro.Provenzano, senza essere deputato, perché nel 2018 aveva rifiutato la candidatura, nel settembre 2019, all’età di 37, viene indicato dal Pd, nel governo Conte 2,  alla carica di ministro per il Mezzogiorno e la coesione sociale. Con la caduta del governo Conte 2,  non vi  può essere spazio nel  governo Draghi per Provenzano, perché il Pd ottiene solo l’assegnazione di 3 Ministeri, ma il ricercatore viene chiamato da Enrico Letta a ricoprire la carica di vice segretario nazionale del Partito.

Mastella è diventato due volte ministro esercitando condizionamenti, mentre, nella Dc, non è andato oltre la nomina a sottosegretario
Mastella è invece diventato ministro della Giustizia nel modo che abbiamo descritto. Allo stesso modo, nel 1994, nella contrattazione con Berlusconi, da parte del Ccd, viene assegnato a Mastella il Ministero del Lavoro, una carica durata 8 mesi, fino a quando  cioè Bossi non ritira la partecipazione della Lega al governo.Nella Dc, invece, Mastella, viene eletto deputato all’età di 28 anni, nel 1976, per volontà di De Mita che lo fa votare dagli esponenti della sua corrente, la Sinistra di Base,  dopo che lo stesso De Mita lo aveva fatto assumere dalla sede Rai di Napoli  come giornalista, senza aver fatto il praticantato e senza aver partecipato ad un concorso, circostanza quest’ultima che determina lo sciopero di 3 giorni dei  dipendenti di quella sede Rai. Pur essendo il “maggiordomo” di De Mita nella sede romana della Dc,  quindi con tutti i vantaggi del caso, soltanto nel 1989, all’età di 42 anni viene chiamato ad assumere una carica governativa, con la nomina a sottosegretario alla Difesa, non potendo esercitare quei condizionamenti posti in essere nei  confronti di Berlusconi, prima, e di Prodi, poi, per aver una nomina a Ministro.Mastella rivela poi tutta la sua vanagloria quando dice che egli è stato per ben due volte ministro, mentre altri non sono andati oltre la nomina di sottosegretario. Ma chi è stato soltanto sottosegretario ha fatto ciò che egli non ha fatto in 40 e più anni di vita parlamentare e politica. L’Alta Capacità Ferroviaria NA-BA, il raddoppio della Telesina e il completamento  della Fortorina, per parlare solo di grandi opere, non possono essere ascritte, infatti,  a suo merito.Egli ha lasciato la provincia di Benevento nel peggiore isolamento, e negli anni in cui è stato sindaco di Benevento non ha fatto letteralmente niente. Ha fatto solo i casi suoi.
Giuseppe Di Gioia

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