Il lago di Campolattaro: la Giustizia, la Speranza, la Pietà!

Dopo quarant’anni ritornano i discorsi su… “l’Invaso di Campolattaro”!
I lavori erano iniziati nel 1981 e furono terminati nel 1993 per un costo complessivo di circa 270 miliardi di lire, di cui circa 52 miliardi per gli espropri che coinvolsero oltre 1.200 aziende attive nel territorio di Campolattaro e nella Piana di Morcone.
La Regione Campania ora annuncia un finanziamento di 480 milioni di euro per realizzare “opere di adduzione e distribuzione delle acque del Tammaro”.
Roberto Costanzo, protagonista per molti decenni della vicenda politica del Sannio e della Campania, al vertice della rappresentanza anche nazionale della Coltivatori diretti, parlamentare europeo, oggi, sensibilissima memoria storica del processo di sviluppo sociale e istituzionale del Mezzogiorno, ha dato voce, su Il Mattino del 19 luglio scorso, a preoccupazioni non irrilevanti su la questione decisiva della “destinazione delle acque” e alla “ripartizione di costi e benefici”.
Ha posto, infatti, interrogativi essenziali: “la risorsa idrica in quali territori sanniti e campani sarà ripartita?” “Quali aree se ne avvantaggeranno di più?” “…quali ricavi e ristori sono previsti per i territori dai quali quella risorsa proviene?” “…la gestione dell’acqua per l’irrigazione verrà affidata  ̶   soltanto  ̶   al Consorzio di Bonifica Sannio Alifano?…”.
Le risposte, forse, sono già state date, ma le risorse della politica possono ancora aprire varchi alla responsabilità, alla giustizia e alla speranza.
Ma, lieve come un sospiro, persistente, s’introduce un ricordo tenerissimo e dolente di una tragedia che recise la giovane esistenza di Nicola Maiorano. Lavorava nell’impresa di costruzione delle strutture portanti della diga sul Tammaro. Era giovanissimo  ̶  ventitré anni  ̶  impegnato in un rapporto di lavoro con una ditta pugliese subappaltatrice della romana Ferrocementi.
Dopo le prime esperienze, in aiuto di papà Donato, nei campi, nella vigna, nell’orto, nella stalla, aveva scelto di frequentare, per quattro anni, la Scuola professionale di San Giorgio del Sannio per conseguire il diploma di perito tecnico; quindi l’avventura di migrante in Svizzera e qui, per qualche anno, lavora come tornitore meccanico.
Ma il cuore trepidante di mamma Concetta lo richiama presto a casa a Circello, per l’opportunità di un lavoro alla costruzione della diga entrata nella fase esecutiva.
Ma un giorno, mentre saldava i ferri alla base della struttura, Nicola veniva colpito violentemente alla testa da uno “scardone” caduto dall’alto. Il ricovero urgente al Cardarelli, dove, dopo dieci giorni, il 31 dicembre 1983, chiudeva gli occhi alla vita tra lo strazio dei familiari, il compianto doloroso dei compagni, lo sgomento di una comunità intera, la rabbia, le agitazioni, lo sciopero delle maestranze.
Il fratello Angelo racconta che aveva piovuto tutta la notte prima di quella giornataccia tristissima e che Nicola, con una inquieta premonizione, al mattino avrebbe voluto assentarsi dal lavoro.
Poi per il papà e la mamma di Nicola iniziò un duro Calvario: per dieci anni, sì dieci anni, si svolse il processo, presso il Tribunale di Napoli, per accertare le cause e le responsabilità del mortale “infortunio sul lavoro”. Le convocazioni, il viaggio, le udienze … richiamavano sofferenze ed angosce, evocavano immagini dolorosissime, tormentavano e ferivano ancora cuori provati e dolenti. 
Ed ora che le preziose acque raccolte nell’invaso saranno finalmente offerte in dono ai campi e alle coltivazioni di territori anche lontani dall’AltoTammaro, sorga un “segno della memoria e della pietà” a ricordarci il sacrificio, le vittime del lavoro e la coralità del dolore e dell’amore e a invitarci alla preghiera che ci renda più vivi ed umani.
Davide Nava

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