Demagogia e costituzione di clientele caratterizzano l’azione politica del sindaco Mastella

Per aver una visione d’assieme sulla crisi relativa alla gestione dei rifiuti che si trascina nel Sannio dopo l’incendio verificatosi nello  Stir (stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti) di Casalduni il 23 agosto 2018,  avevamo voluto attendere che si svolgesse, il 29 luglio, il tavolo tecnico, istituito il 18 luglio scorso dal presidente della Provincia, Antonio Di Maria, su proposta avanzata dai primi cittadini di Benevento, Bucciano e Telese Terme, nel corso dell’assemblea dei sindaci del 12 luglio scorso
In quell’assemblea venne posta sotto accusa la delibera n. 174 del 27 giugno scorso, adottata dal presedente Di Maria,  con cui fu disposto di far pagare, ad ogni utente sannita del servizio di gestione dei rifiuti, la somma pro-capite, solo per l’anno 2019, di 14,57 euro, per coprire il costo della bonifica delle discariche post mortem, istituite nel Sannio già prima del 31 dicembre 2009, quando venne ufficialmente chiusa l’emergenza rifiuti.
Va ricordato che l’emergenza rifiuti in Campania, iniziata nel 1994, è stata gestita, in prevalenza, da Guido Bertolaso. Quando già era direttore del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, carica ricoperta dal 2001 al 2010, nell’ottobre 2006, dopo la breve parentesi in cui Antonio Bassolino, eletto presidente della Regione nel 2000, si è occupato dell’emergenza, Guido Bertolaso viene nominato commissario dell’emergenza medesima dal neo presidente del Consiglio  Romano Prodi, conservando tale carica fino al 31 dicembre 2009. Infatti, nel 2008, anche Bertolaso arriva, assieme a Berlusconi, a Palazzo Chigi nella veste di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega all’emergenza rifiuti,  rimanendovi fino al 2010.
Ma l’emergenza rifiuti era stata chiusa solo ufficialmente, senza aver predisposto i passaggi successivi, come la creazione delle agenzie provinciali. A Benevento viene costituita la Samte (Sannio Ambiente e rifiuti) e il CDR (centro di raccolta) di Paolisi diventa Stir, con sede a Casalduni e con un sovradimensionamento di personale, proveniente in buona parte dall’Avellinese, del 50% rispetto al fabbisogno di allora, apprenderemo poco dopo da una fonte attendibilissima. 

Ripartire in tutta la regione il costo della bonifica post mortem delle discariche
L’emergenza è, infatti, continuata. Il governatore della Campania, Stefano Caldoro, di fronte ad una situazione per cui il capoluogo della regione viene nuovamente sommerso da rifiuti, dispone lo sversamento degli stessi nella discarica di località Nocecchie di Sant’Arcangelo Trimonte, già danneggiata (infiltrazione di percolato nel sottosuolo) in occasione della più grave emergenza verificatasi nel 2008. Nell’autunno di quell’anno, Berlusconi, ritornato, come dicevamo, a Palazzo Chigi, riuscì ad ottenere, con la promessa di posti di lavoro,  la disponibilità di quel sito dagli amministratori locali, per farvi confluire i rifiuti di tutta la regione, ma soprattutto di Napoli, poiché, nella campagna elettorale, aveva promesso che avrebbe liberato il capoluogo partenopeo dall’immondizia, oltre ad aver garantito il salvataggio della compagnia aerea di bandiera, attraverso la costituzione di una cordata, una sortita, questa, che si rivelò essere lo spot elettorale del secolo, proprio per l’inganno che nascondeva in sé, non essendo state rivelate le carte.

Allora, quando Caldoro ci inondò di monnezza, nessuno ricorda che la consigliera regionale Alessandrina Lonardo Mastella, organica alla maggioranza caldoriana, abbia preso parte alla protesta posta in essere dall’allora presidente della Provincia, Aniello Cimitile, insieme alle popolazioni ricadenti sulla località Nocecchie. Già il precedente presidente della Provincia, Claudio Ricci, aveva contestato il fatto di far gravare sui cittadini sanniti il costo della bonifica post mortem delle discariche, poste a servizio di altri centri della regione che vi avevano sversato rifiuti. Egli era riuscito, infatti, a fare disporre, dalla Regione, una delibera, o una legge che dir si voglia,  n. 14/2016, con cui si disponeva il riparto del costo della bonifica anche altre Provincie campane che avevano utilizzato quelle discariche. Ma la Regione – ci ha riferito Claudio Ricci – non è mai riuscita a riunire intorno ad un tavolo le Province interessate, poiché “fare le leggi è una cosa, farle rispettare è un’altra cosa”.
Bene ha fatto, quindi, Di Maria a sospendere l’efficacia della sua delibera n. 174, del mese di giugno scorso,  e ad avviare, sulla spinta dell’assemblea dei sindaci, un’azione legale nei confronti della Regione per imporre il rispetto del deliberato regionale, con una circostanziata motivazione, la stessa che, evidentemente, aveva addotto Ricci nel chiedere che venissero chiamati a farsi carico dei costi della bonifica anche altri soggetti istituzionali che avevano utilizzato le nostre discariche.

Il sindaco di Benevento, per eccepire l’applicazione della delibera di Di Maria, ha fatto, anche lui, approvare una apposita delibera dalla sua giunta, dichiarando: “La delibera tende soltanto a difendere gli interessi della comunità di Benevento e non ha alcun elemento che la possa in qualche modo caratterizzare come una forma di dissociazione politica nei confronti del presidente della Provincia. Quest’ultimo infatti, assieme al neo presidente della Samte, si ritrova nella stessa condizione in cui mi sono trovato io quando, con la mia amministrazione, ho dovuto prendere atto di aver ereditato danni finanziari talmente ingenti da essere costretto a dichiarare il dissesto. In pratica, è un po’ come quello che capita al medico che, giunto al capezzale del paziente, è costretto a constatare la gravità della malattia o addirittura la morte. Nessuna responsabilità è, dunque, addebitabile all’attuale Amministrazione provinciale poiché essa ha ereditato una situazione incredibilmente spiacevole sia per la pessima qualità del servizio che per le drammatiche conseguenze derivanti dall’incendio dello Stir di Casalduni. Per questo motivo mi preme ribadire  a chiare lettere che il nostro è un atto dovuto e non ha alcuna caratterizzazione politica. Esso tende infatti, a difendere la dignità di ogni cittadino di Benevento su cui ricadrebbe un onere aggiuntivo assolutamente inaccettabile e, a nostro avviso, illegittimo poiché da circa un anno non conferiamo più i nostri rifiuti allo Stir di Casalduni. Ragione, quest’ultima, per cui abbiamo deliberato oggi di impugnare l’atto”.

I debiti pagati da Fausto Pepe e i danni prodotti dalla dichiarazione di dissesto
Abbiamo riportato testualmente la dichiarazione del sindaco Mastella, per porre meglio  in evidenza la pretestuosità delle sue argomentazioni, imbastite dalla solita demagogia. Denunciare di aver dovuto prendere atto, allorché è stato eletto sindaco, dello stato finanziario non rassicurante del Comune, equivale a dire di non essere stato informato da Luigi De Nigris di tale situazione, considerato il modo come l’attuale assessore all’Ambiente, dai banchi dell’opposizione, invitava ripetutamente il precedente sindaco Fausto Pepe a dichiarare il dissesto, invece che procedere con i piani di riequilibrio finanziario, che Mastella ha escluso di prendere in considerazione, essendo interessato, secondo il suo predecessore, a costruire il suo rilancio politico, piuttosto che a dimenarsi in problemi che lo avrebbero costretto a spremersi le meningi.
Quindi, egli, in campagna elettorale, già sapeva, a nostro avviso, che per non realizzare le promesse fatte ai cittadini, avrebbe preso a pretesto, come in effetti è accaduto, il dissesto, dichiarato dal Consiglio comunale l’11 gennaio 2017, sei mesi dopo il suo insediamento a sindaco.  Ma la dichiarazione di dissesto è stato un atto politico, a dire di Fausto Pepe, che ha dovuto contrarre  mutui con la Cassa Depositi Prestiti, e adottare misure impopolari, per pagare una montagna di debiti fuori bilancio, accumulati da precedenti amministrazioni negli 70, 80 e 90, ma soprattutto negli anni 80, quando la città era governata da un demitiano come Mastella. Quel sindaco, nonostante si trovava ad operare in un periodo di vacche grasse, avendo la disponibilità anche dei fondi della 219/81, ha portato il Comune al primo dissesto, dichiarato dal commissario prefettizio nel 1993.
Ma, a causa della fretta nel dichiarare il dissesto, Mastella non si è preoccupato di mettere da parte, dice Fausto Pepe, i circa tre milioni, per integrare il fondo di dieci milioni messo a disposizione dalla Regione da parte del governo centrale per la realizzazione del depuratore, sicché,  andato perduto questo finanziamento, il governo ha dovuto nominare un commissario nella persona  di Enrico Rolle.  Ma recuperato, di recente, da parte della Regione, questo fondo, Mastella, anche attraverso appelli rivolti dalla moglie al ministro dell’Ambiente,  chiede non più 25 milioni ma altri 20 milioni per costruire l’impianto, una somma che, aggiunta a quella recuperata, sarebbe superiore all’effettivo costo, dice sempre Fausto Pepe, tenuto conto che le opere di adduzione, già finanziate, sono in corso di realizzazione.  E poi Mastella parla dei danni prodotti da altri.  
Dire, infatti, con riferimento all’attuale presidente della Provincia, “Quest’ultimo infatti, assieme al presidente della Samte (la srl di cui la Provincia detiene il 100% del capitale sociale –ndr), si ritrova nella stessa condizione il cui mi sono trovato io…”, è grave,  in quanto egli vuole insinuare che anche la Provincia si trovi in condizioni finanziarie non rassicuranti, oltre  a denunciare lo stato di default della Samte, per prevenire il quale Claudio Ricci, che tuttavia ha ribadito di aver lasciato i conti in ordine presso l’Ente da lui presieduto, aveva chiesto il concordato preventivo.

La crisi della Samte è causata dalla morosità dei sindaci
Ma, a parte la protesta, giusta, da parte dei sindaci di non far gravare sui cittadini il costo della bonifica post mortem delle discariche, la grave massa debitoria della Samte, non dovuta a cattiva gestione, assicura Claudio Ricci, è determinata dal fatto, afferma anche il consulente della Samte, che i comuni della Provincia, compreso il capoluogo che è debitore per l’importo di 2 milioni e mezzo di euro, sono morosi nel pagare le quote ordinarie, un atteggiamento, questo, che hanno mantenuto pure dopo che il Tar, rigettando i loro ricorsi, ha ritenute eque le tariffe    adottate dalla Provincia, tariffe che, contestate anche da Mastella l’anno scorso nel corso di una conferenza stampa appositamente convocata, sono inferiori a quelle applicate da altre province, a dire di Ricci. Di qui, emerge sfacciatamente la demagogia di Masatella.
La situazione si trova ora nello stallo più totale, a dire di Claudio Ricci, anche perché lo Stir di Casalduni è nelle stesse condizioni in cui versava quando, nel mese di ottobre del 2018, egli ha lasciato la guida della Provincia. In altre parole, alla Rocca dei Rettori si sarebbero incartati. Ma ogni iniziativa di Di Maria, secondo quanto ci risulterebbe da fonti bene informate, dovrebbe fare i conti con Mastella, interessato, in questo momento, a cavalcare  la protesta dei sindaci, morosi, lui compreso, verso la Samte, oltre che a denunciare presunti danni prodotti da precedenti amministratori, come, per esempio, “la pessima qualità del servizio” ereditata da Di Maria.

La provincia si appresta a nominare il direttore generale, quando l’Ente ha meno poteri di una volta
Evidentemente, per migliorare questa qualità, la Provincia si appresta a nominare il direttore generale nella persona di Nicola Boccalone, prossimo a lasciare “Irpinia Ambiente” (l’equivalente della Samte in provincia di Avellino), alla cui direzione era stato nominato appena scaduto il mandato di direttore generale dell’ospedale “Rummo”. A lui va riconosciuto, tuttavia, il merito di aver ipotizzato, durante la guida del nosocomio cittadino,  l’accorpamento, realizzato poi da Renato Pizzuti, del “Sant’Alfonso” di Sant’Agata de’ Goti con il “Rummo” in una unica azienda ospedaliera, per realizzare una economia di spesa, un accorpamento, questo, contestato dalla demagogia pentamastellata, che chiedeva il ritorno del “Sant’Alfonso” sotto il controllo dell’Asl, quando il nosocomio saticulano accumulava 5 milioni di euro di passivo all’anno.  Al direttore dell’Asl, Franklin Picher, i predetti demagoghi non hanno mosso mai critiche, neanche quando, di recente, qualcuno di loro, evidentemente un…male informato, molto funzionale a Mastella, ha suggerito, ironicamente, di collocare un mezzobusto di Vincenzo De Luca davanti al reparto psichiatrico del “Rummo”, nell’intento di continuare ad infierire nei confronti di Renato Pizzuti, il direttore generale dell’A.O. “S.Pio”, fingendo però di ignorare che quel reparto, posto sotto sequestro dalla Magistratura senza che ne venisse interrotta l’attività, è gestito dall’Asl, la struttura sanitaria che assieme all’A.O. “S.Pio” e al “Fatebenefratelli” può risolvere molti problemi con i 37 milioni stanziati dalla Regione, dopo che la Sanità in Campania, risanato l’ingente debito, è uscita dall’emergenza.
Ricordiamo che l’unica persona ad aver ricoperto la funzione di direttore generale della Provincia è stato  Lello Bianco. L’ex segretario della federazione diessina di Benevento fu infatti nominato nel 2008, dopo che Aniello Cimitile aveva vinto le elezioni, alla guida di una coalizione di centro sinistra che comprendeva anche l’Udeur di Mastella, dopo che l’attuale sindaco di Benevento, provocata la caduta di Prodi, non era stato accolto da Berlusconi nella coalizione di centro destra, che portò Berlusconi alla vittoria nelle politiche di quell’anno. 
Ma allora, con il doppio dell’attuale personale e con un Consiglio di 24 componenti eletti a suffragio universale, la Provincia aveva molte più funzioni di quelle demandate dalla legge 56/2014. Nel vecchio ordinamento, eccettuata la parentesi Bianco, la figura di direttore generale, prevista comunque dallo Statuto, era rivestiva dai segretari generali di alta professionalità che si sono avvicendati nell’Ente. A maggior ragione, questa figura è stata ricoperta, dal 2014 fino ad oggi, dal segretario generale Franco Nardone, anche per realizzare evidentemente delle economie di spesa. Se non c’è una questione di equilibrio politico da dare all’Ente, come noi invece riteniamo, non si capisce i motivo per cui bisogna  nominare un’altra persona a ricoprire le funzioni di direttore generale, anche se va riconosciuto che Nicola Boccalone, oltre ad essere stato direttore del “Rummo” e di “Irpinia Ambiente”, vanta anche l’esperienza di direttore generale del Comune di Benevento, acquisita dal 2001 al 2005, quando era sindaco l’ex aennino Sandro D’Alessandro. Allora, Boccalone, dimessosi da consigliere comunale per ricoprire l’incarico di city manager, percepiva un milione di lire al giorno, dal Comune.

Le stoccate di Martusciello a Mastella, anche sulla nomina del comandante dei Vigili Urbani

Ora, anche se la retribuzione sarà minore, certamente appesantirà il bilancio finanziario dell’Ente, non rassicurante secondo Mastella, che guiderebbe di fatto anche la Provincia, per accentrare su di sé quel potere che gli dovrebbe consentire di andare più oltre la carica di sindaco di Benevento. Una carica esercitata male, non soltanto secondo una diffusa opinione di cittadini, ma anche secondo Fulvio Martusciello, l’europarlamentare di Forza Italia che ha invitato il suo amico di partito a far risalire la china alla città, sprofondate negli ultimi posti, secondo le classifiche de Il Sole 24 ore, piuttosto che pensare, elezioni permettendo, di andare ad occupare la poltrona più alta di Palazzo Santa Lucia.
Di recente, Martusciello, rendendo noto di aver chiesto alla Corte dei Conti di controllare che i soldi dei cittadini di Benevento non siano spesi per altre finalità, gli ha chiesto di rendere conto alla città il modo come vengono spese le somme introitate per infrazione al codice della strada. Più di recente ancora, gli ha chiesto di revocare, dalla carica di comandante della Polizia Municipale, la nomina di Fioravante Bosco.  

Secondo Martusciello, è ancora possibile procedere alla revoca, per dare spazio allo svolgimento di un concorso per titolo e per esami, dal momento che dai tempi di Paolo Tosato, epoca in cui Martusciello ha iniziato la sua carriera politica a Benevento, vi è un abisso nella guida della Polizia Municipale, proprio perché, da allora, il comandante dei Vigili Urbani non è stato più selezionato da un concorso pubblico. Addirittura, c’è stato, proveniente dalla Polizia Municipale di Caserta, un Francesco Delvino, fatto nominare da Mastella nel 2006 quando l’attuale sindaco aveva il controllo della prima amministrazione guidata dell’ex suo pupillo Fausto Pepe, un controllo esercitato per 3 anni, anche se ora finge di dimenticarsene. Delvino, cacciato da Benevento, perché voleva fare installare photored, davanti ai semafori cittadini, da ditte del Casertano, la provincia che esporta camorra anche nelle valli Telesina e Caudina, ha conosciuto poi le patrie galere, appena approdato alla Polizia Municipale di Frosinone.
Ma se si fosse dovuto svolgere un pubblico concorso, Mastella sarebbe stato intralciato nel costituire clientele, e probabilmente Fioravante Bosco, il capitano dei Vigili Urbani, che per molti anni è stato alla guida della Uil in provincia di Benevento, non avrebbe lasciato il Pd per rifugiarsi sotto le ali protettive del sindaco di Benevento.

La senatrice Lonardo Mastella interroga Di Maio per chiedere che l’Inps autorizzi altri due periodi di CIGO per i lavoratori dello Stir 
Avevamo, però, detto che aspettavamo lo svolgimento del tavolo tecnico per scrivere questo pezzo. Ebbene, la seduta del 29 luglio si è risolta in nulla di fatto: ha “trovato un accordo di massima per affidarsi ad una perizia tecnica super partes al fine di stabilire il da farsi anche in relazione all’eventuale, remora possibilità che la Samte fallisca”. 
Ma, anche in questo caso, la senatrice Alessandrina Lonardo Mastella si è distinta nel suo attivismo. Ha infatti interrogato il ministro Di Maio per segnalare che l’Inps di Benevento, dopo aver approvato le due “richieste di CIGO” per 43 dipendenti su 54 dello Stir (gestito dalla Samte), relativamente ai periodi 23/8/18-17/11/18 e 19/11/18-16/2/19, non ha ancora approvato le richieste relative ai periodi 18/2/19-18/5/19, per 53 dipendenti, e 20/5/19-17/8/19, per 52 dipendenti. Le richieste riguardanti i secondi due periodi sarebbero state determinate da “una forte diminuzione di fatturato”, causata “dal fermo dello stabilimento di Casalduni per le conseguenze dell’incendio”, come se dal giorno dell’incendio, 23 agosto 2018 fino 16 febbraio 2019,  vi fosse stata una regolare produzione di fatturato.
Lo Stir, dissequestrato nel mese di ottobre dell’anno scorso, scrive la senatrice, “è oggetto di sola vigilanza antincendio a seguito delle prescrizioni dei Vigili del Fuoco”, ma non ha ancora ripreso l’attività “di lavorazione e smaltimento dei rifiuti sversati”. Ciò ha determinato una “riduzione notevole di fatturato”, creando “una crisi di liquidità finanziaria, a causa della quale la Samte non può far fronte agli impegni assunti nei confronti di tutto l’organico aziendale”. Se non vi sarà la proroga della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (sic)”, minaccia la senatrice, “scatterà il licenziamento immediato di oltre 30 unità operative”. Staremo a vedere cosa deciderà Di Maio.
Giuseppe Di Gioia

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