Animali senza sogni, senza utopie, senza ideali

Fabrizio De André ne era convinto.
«Un uomo senza sogni, senza utopie, senza ideali, sarebbe un mostruoso animale, un cinghiale laureato in matematica pura».
Magari non sempre laureati in matematica pura – e magari non laureati affatto –, ma di cinghiali senza sogni, senza utopie, senza ideali, a Benevento ne circolano tanti.
Gli ideali, le utopie e perfino i sogni sembrano anzi essere scappati via da Benevento.
Cioè, non proprio via dalla città.
Di gente che continua ad averne ce n’è tanta.
I giovani innanzitutto.
Quelli, fortunatamente, non smettono mai di sognare.
Almeno finché non diventano del tutto adulti.
O finché non vanno a sognare da qualche altra parte.
Da qualche parte dove, ogni tanto, un sogno si riesce pure a realizzarlo.
E poi ci sono i meno giovani, che magari il lusso di sognare non possono permetterselo più e quello di avere utopie non hanno mai potuto permetterselo.
Però continuano ad avere ideali.
E allora li vedi al lavoro per rendere migliore il proprio palazzo, la propria strada, il proprio quartiere.
Per supplire a quelle mancanze di una amministrazione che non amministra, di una politica che non governa.
Di una classe dirigente che non “si” e non “ci” dirige da nessuna parte.
Che per la ordinaria manutenzione non ha tempo, né soldi.
Ma comunque inaugura, comunque organizza, comunque festeggia.
Comunque illumina.
Salvo poi lasciarle spegnere, quelle luci accese solo qualche tempo prima, una ad una.
Lentamente.
Con il vantaggio, almeno, di vedere meno l’incuria che caratterizza quasi ogni angolo della città.
Nella mancanza di ordinaria amministrazione sta tutta la metafora di una città che sembra non avere più una coscienza collettiva.
Una comunità che si rimbocca le maniche in maniera asistematica, nell’emergenza, ma che sistematicamente si lascia fregare dall’imbonitore di turno.
A proposito di imbonitori, diceva sempre De André : «Si lamentano degli zingari? Guardateli come vanno in giro a supplicare l’elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi. L’Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all’Italia?». 
Anche Benevento appartiene a pochi.
Sempre meno, invero.
Se questi uomini non appartengono alla città – come ormai è palese –, meglio perderli che trovarli.
Prima ci si risolve ad augurare loro buona fortuna per le loro prossime avventure – ossia le prossime, meno locali, elezioni – prima si avrà la possibilità di cominciare a costruire, per la città, una quotidianità più dignitosa di quella attuale.
Massimo Iazzetti

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