Bullismo e cibernetica, gli argomenti trattati al corso di formazione dei giornalisti

 I continui avvenimenti di cronaca vedono sempre più aumentare i casi di ragazzi vittime di bullismo. Il fenomeno non è certo nuovo, ma vecchio quanto il mondo. Pensiamo al Libro “I giorni di scuola di Giorgio Brouwn”, dove la bella della classe si innamora addirittura del buIlo, perché, forse, i bulli hanno in genere una forte personalità, che affascina la vittima e la rende tale.
L’ordine dei giornalisti della Campania, è molto attento alle problematiche attuali ed in particolar modo a quelle riguardanti il mondo dei giovani, e per questo ne ha fatto oggetto di un convegno, tenutosi il 6 maggio scorso, presso l’Università “G. Fortunato” di Benevento, con la partecipazione dell’Istituto Superiore “Telesia”.
Nel suo intervento, Giovanni Tagliaferri ha chiarito il concetto di “bullo”, affermando: ”L’infanzia è stata abolita. Ai bambini sono richieste tante conoscenze e competenze in più: tennis, palestra, nuoto, musica, manca loro il tempo di giocare con il proprio fratello o amico. Quindi viene a mancare il momento della socializzazione, face to face, viso a viso”.
A questo proposito, ricordo dunque quello che ci diceva il nostro professore di Filosofia, al Liceo: “Bisognerebbe prima educare i genitori….”. Oggi, si è giunti in una società in cui la scuola è costretta a sostituirsi ad essi, ma non può realizzare brillanti risultati, perché il bambino assorbe tutto già nei primi tre anni di vita, e,  senza la compresenza dei genitori, tutto diventa più difficile. Grave, infatti, è stato il consiglio che il genitore dello stupratore di  Viterbo, ha dato al figlio, una volta venuto a conoscenza dell’accaduto: ”Butta il telefono, così non ti accusano”.
Ora abbiamo un potente mezzo: quello informatico che ci avvicina a chiunque e che raggiunge tutti, senza avere più la possibilità di controllare in quanti saranno a conoscenza di quello che postiamo, di quanto pubblichiamo e soprattutto dell’uso che delle nostre informazioni, ne faranno gli altri, una volta in loro possesso. Pensiamo a Tiziana Cantone, una laureata in giurisprudenza, che avrebbe dovuto avere, più di ogni altra persona, la consapevolezza di quello che le poteva accadere, ma che, dopo aver inviato ingenuamente a qualcuno un suo video, ancora online, non ha potuto fare nulla per tornare indietro, anzi la situazione si è drammaticamente conclusa con il suo suicidio. E’necessario dunque educare i ragazzi ad un corretto uso dei mezzi informatici, perché essi stessi possono diventare strumenti di reati e dei veri e propri boomerangs. 
Oggi è invalsa l’usanza di riprendere tutto, qualunque cosa, anche gli atti illeciti, che non vengono percepiti come tali e postati sui social network. Pensiamo agli insegnanti scherniti dagli alunni, ad una situazione cioè in cui non si sa come si può intervenire. In una società in cui non esistono valori, non ci sono principi, soprattutto morali che ci guidino, dopo che quelli religiosi sono stati abrogati, rimossi dalle nostre coscienze, a cosa dobbiamo appellarci? Cosa dobbiamo trasmettere alle nuove generazioni, che dovranno assistere noi, una volta diventati anziani?
Dobbiamo riconsegnare un vocabolario di umanità. Con la mancanza di colloquio, si è giunti al non  rispetto dell’opinione altrui. Il web in realtà ci vuole tutti omologati: una faccina, una manina, un cuore. Non dobbiamo più domandare all’amico ”cosa hai mangiato a pranzo?”, perché trovi tutto in facebook. Di qui l’invito conclusivo di Tagliaferri: ”Dobbiamo ricominciare ad abbracciarci!”.
L’avvocato Stefania  Glielmo, intervenuta anch’ella, ci ha parlato del progetto realizzato con l’Unicef negli istituti scolastici, dove si incontrano i ragazzi, che poi sono stati chiamati ad interpretare i vari ruoli del processo penale minorile, cercando di far capire che i minori, pur essendo tali, non possono farla franca. Non si è esenti dall’applicazione delle norme. L’Avv. Glielmo ha ricordato la ratio legis della n. 71/2017, che ha posto l’attenzione sulla prevenzione. Per questo, è necessario un progetto educativo scolastico, insieme a tutti gli organismi esistenti sul territorio, ma la scuola non può agire senza il sostegno delle famiglie.
L’ing. Fabrizio Corona ha esposto i nuovi tipi di reati che si possono commettere con l’uso non appropriato della rete. In passato, circa 15 anni fa, si utilizzava la “Nickname”, e, come elemento base, vi era l’indirizzo di posta elettronica. Il soggetto non aveva fiducia di questo nuovo mezzo informatico e si nascondeva. Ora, viviamo nella seconda fase: vi è stato un riavvicinamento dell’io virtuale con quello reale. A questo punto, il legislatore ha un compito molto difficile: deve normare qualcosa  che non è semplice. Vedi, ad esempio, il video della Cantone, che è diventato virale, per il commento, non tanto per le immagini. La rimozione è prevista entro le 48 ore + 48 ore, ma in realtà è un lasso di tempo molto lungo, sicché il danno può essere stato già realizzato. Bisogna, dunque, far conoscere ai ragazzi quali siano le conseguenze della pubblicazione di un video e che il contenuto, una volta sulla rete, acquista grosse potenzialità.
La Prof.ssa Angela Maria Pelosi, ci ha riportato l’esperienza fatta presso l ‘Istituto Superiore “Telesia”, che comprende 34 istituti Scolastici della Provincia di Benevento. Una realtà tranquilla dove, nella realizzazione del progetto, sono state seguite le linee guida del MIUR per la prevenzione. La somma di 42.000 euro è stata utilizzata per formare i docenti, i genitori, i collaboratori scolastici e  gli alunni delle 32 scuole che hanno aderito. L’Istituto aveva cercato anche di coinvolgere le scuole del napoletano, che però non hanno voluto aderire al progetto. Quest’anno, malgrado i fondi non siano stati reiterati, il personale docente, e non, ha deciso di continuare l’esperienza dello scorso anno. 
Da qui la necessità di creare un accordo di rete che crei un sistema permanente di bullingstop, tanto che è stata prevista anche una data ad hoc, per la lotta al bullismo, quella del sette febbraio. Si può dunque  tornare ad operare nella realtà, perché la ”buona pratica” è contagiosa. In questo modo saremo finalmente educati alla collaborazione e non alla semplice delega alla scuola.  L’Avv. Glielmo ha dunque risposto alla domanda di un allievo, che ha riportato la percezione di un luogo comune: in Italia le leggi non ci sono, e se ci sono non vengono applicate, affermando, invece, che è previsto anche per il cyberbullismo, come per lo stalking, la procedura di ammonimento da parte del Questore al minore, ed al genitore, esercente la patria potestà.
Ha ricordato dunque, che anche per i reati commessi in rete, esistono le sanzioni penali. Quindi, l’iniziativa di far partecipare anche le scuole a questi corsi di aggiornamento è assolutamente lodevole. E’ stata dimostrata grande sensibilità ed attenzione alle problematiche giovanili, ed alla necessità di risolverne i problemi.
Maria Varricchio

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