Consiglio Provinciale, elezione falsata dal voto ponderato – Primarie Pd, attesa per la proclamazione dei voti in Campania

Foto satirica pubblicata da Lucio Lonardo sulla sua pagina face book, che allude alle raffiche di vento.

L’estensore di questa nota, abituato a scrivere su organi periodici, dopo aver lasciato 45 anni fa la collaborazione all’”Avanti!”, è stato costretto ad approfondire e a commentare la notizia, anziché darne immediata pubblicazione. Peraltro, anche fino a metà anni 70, la notizia sui quotidiani, costretta a viaggiare in un “fuori sacco”,  aveva dignità di pubblicazione soltanto due giorni dopo essersi verificata, a meno che non veniva dettata telefonicamente, con una R-Stampa, non oltre il tardo pomeriggio, allo stenografo del giornale, per essere pubblicata il giorno dopo, se ritenuta urgente dal capo redattore, opportunamente informato.   
Oggi, invece, con l’avvento della telematica, e della dismissione della linotype, può essere pubblicata il giorno dopo anche la notizia che si è verificata poco prima della mezzanotte del giorno prima, poiché le testate dei quotidiani dispongono di tipografie regionali, cui inviano, via web, le pagine di ogni edizione, perché il giornale, stampato durante le ore più piccole, possa raggiungere, nel giro massimo di un’ora, i distributori provinciali, che, a loro volta, forniscono le edicole di loro competenza.
Tuttavia, con l’avvento del giornale online, viene anticipato anche quello cartaceo, poiché la notizia, magari  inesatta in quanto la necessità di arrivare primi fa parte della concorrenza, arriva al lettore soltanto qualche ora dopo essersi verificata.
Chi scrive, però, è rimasto legato al criterio di commentare la notizia consolidata, nonostante “Benevento”, lasciata la carta stampata per questione di costi non più sostenibili, sia andato anch’esso sulla rete. D’altra parte, anche i settimanali, a parte le inchieste cui dedicano maggiormente il loro interesse, hanno il ruolo di approfondire e commentare la notizia. 
Per rendere omogenea la trattazione della notizia, in ordine allo svolgimento delle primarie del Pd ed alla elezione del Consiglio provinciale, dove erano presenti due liste di area dem, una ufficiale e l’altra espressa dai sostenitori di Nicola Zingaretti, per la elezione del segretario nazionale del partito, sempre chi scrive, dopo che erano stati resi ufficiali i dati relativi alla elezione del segretario e della relativa assemblea nazionali del partito, ha voluto aspettare, prima di stendere questa nota, che venissero resi ufficiali anche quelli relativi alla elezione del segretario e dell’assemblea regionali, dati che, attesi la sera del 13 marzo, non si conoscono ancora, poiché la commissione regionale per il congresso non sarebbe riuscita a dirimere le controversie scaturite dai ricorsi che sarebbero stati presentati. 
Ovviamente, il responso della elezione del Consiglio provinciale è falsato dal voto ponderato, espresso da sindaci e consiglieri comunali in ragione del numero degli abitanti dei rispettivi comuni. Infatti, non è detto che il responso sarebbe stato lo stesso con il suffragio universale, soppresso dal riordino delle Province, riordino che è stato disciplinato dalla legge 56/2014 per gestire la fase di transizione di detti enti fino alla loro soppressione, che sarebbe dovuta avvenire a decorrere dal primo gennaio 2018, se fosse passato il referendum Costituzionale.
Se fossero stati chiamati i cittadini ad esprimersi, Mastella avrebbe visto col  c…volo  la conferma di quel 62% dei voti con cui egli è stato eletto sindaco di Benevento il 19 giugno 2016. In una elezione a suffragio universale, avrebbero, infatti, partecipato anche i 5 Stelle, che ora si sono astenuti, primo, perché, non avendo una struttura organizzativa sul territorio, quello che riscuotono loro è ancora un voto di opinione, secondo, perché, ammesso che avessero potuto formare una lista, non si sarebbero voluti esporre ad una magra figura, non avendo un numero sufficiente di voti ponderati per esprimere almeno un seggio. 
Orbene, quel 62% consentì a Mastella di eleggere, nell’ambito della coalizione schierata in suo  sostegno, il 60% dei consiglieri,  cui va aggiunto un buon 15%, determinato dall’apporto di altri 4 consiglieri che, eletti in liste di centro sinistra, sono successivamente passati, in funzione di una campagna acquisti, nella maggioranza consiliare. In virtù, quindi, dei 654 voti ponderati, di cui disponeva ognuno dei  24 consiglieri di maggioranza, più il sindaco, di Palazzo Mosti, ancora una volta, seppure di poco, il Comune di Benevento ha fatto la differenza nella elezione del Consiglio provinciale, consentendo a Milly Chiusolo, capogruppo di una lista mastelliana al Comune, di cantare vittoria, avendo le due liste che Mastella ha presentato per la elezione del Consiglio provinciale  eletto 6 seggi su 10, non tutti mastelliani doc, come non mastelliano è il sindaco di Paolisi, Carmine Montella, eletto in una lista sostenuta dai fuoriusciti di Forza Italia.   
Certo, si potrebbe dire che la stessa cosa è avvenuta il 12 ottobre 2014, quando, in presenza di un’amministrazione di centro sinistra al Comune di Benevento, alla Provincia vennero eletti un presidente e un’amministrazione di centro sinistra, anche se va riconosciuto che, in questi trascorsi 4 anni, il Pd ha perduto nel Sannio qualche punto di forza, compreso l’allontanamento, nell’autunno scorso, di ciò che era rimasto del partito di Alfano, che ha preferito saltare sul carro di Mastella, nel mentre si profilava la vittoria di Antonio Di Maria, quale presidente della Provincia.
Dal momento che, Europa permettendo, è salva la vita delle Province, bisognerebbe eleggere gli organismi di questi enti con il suffragio universale. Non a caso, il segretario provinciale del Pd, Carmine Valentino, nella nota diffusa a margine dei risultati elettorali, ha dichiarato: “Per la prima volta, da quando è in vigore questo bizzarro sistema elettorale che vede i cittadini privati del sacrosanto diritto di scegliere i propri rappresentanti provinciali, la competizione si è giocata avendo ben chiaro che la guida dell’Ente, con un lungo mandato tutto ancora da esprimere, fosse nelle mani di una guida alternativa al PD”. 
In considerazione del modo come Mastella non ha mantenuto nessuna delle sue promesse elettorali, trincerandosi dietro il dissesto finanziario da lui dichiarato il l’11 gennaio 2017, checché ne pensi Giovanni Zanone, che in una nota, già pubblicata da “Benevento”, ha inteso rispondere ad Antonio Furno, componente il coordinamento cittadino del Pd, il quale, in una nota di cui il nostro giornale ha pure dato pubblicazione, aveva invitato il sindaco di smettere di chiudere le scuole ad ogni soffio di vento.
Con l’autoreferenzialità che contraddistingue l’amministrazione Mastella, il nuovo capo della segretaria del sindaco ha inteso far rilevare che Benevento, da “paesotto triste e senza storia, sta riprendendosi il ruolo che merita”; e ignorando probabilmente il fatto che il primo dissesto del Comune di Benevento fu provocato, sul finir degli anni 80, in un periodo di vacche grasse, da un sindaco mastelliano, ha inteso anche far rilevare che le amministrazioni di centro sinistra hanno “lasciato un debito tale da paralizzare ogni attività amministrativa”.
Se poi parliamo di ruolo, certamente la città si è ripreso quelli di non avere, per responsabilità di questa amministrazione, un arredo urbano, degno del dovuto rispetto. Le strade sono sporche, non sono state rimosse dappertutto le erbacce che crescono agli angoli dei marciapiedi e sui cigli delle strade. Da quando Mastella si è insediato come sindaco, non vengono potati gli alberi, in una città discretamente dotata di verde. Nei giorni di allerta regionale, il 23 febbraio e il 12 marzo, le folti chiome degli alberi, come denuncia anche Altrabenevento, hanno costituito una resistenza rispetto alle raffiche di venti, raffiche che hanno determinato la caduta di rami e di piante. 
Rispetto a questa inadempienza, il sindaco ha ritenuto bene, per motivi precauzionali, di disporre, nei predetti giorni, la chiusura delle scuole, di ogni ordine e grado, provocando il risentimento dei cittadini e del nominato Antonio Furno, soprattutto in ordine al provvedimento adottato  per il 12 marzo.
Ma Mastella ha provocato un risentimento ancora maggiore quando, nella settimana precedente il 12  marzo ha fatto abbattere, perché ritenuti pericolosi per la pubblica incolumità, una decina di pini mediterranei sul viale degli Atlantici, che hanno resistito a tutte le intemperie nel corso dei loro 80 anni di vita. Furono, infatti, messi a dimora nel periodo in cui quella importante arteria cittadina venne intitolata a coloro che avevano effettuato la transvolata dell’Atlantico. 
La consigliera comunale del Pd, Marialetizia Varricchio, è stata, a suo dire, “sbeffeggiata dall’amministrazione” per aver presentato una interrogazione, in cui, nel denunciare “il grave danno ambientale”, si è chiesta “se questo intervento fosse inevitabile”, anche in considerazione del fatto che pure  l’Ordine degli Agronomi, espresse le sue stesse perplessità, “ha invitato l’amministrazione a rivolgersi a specialisti del settore”.
Pertanto, non si capisce come Mastella, rispetto a questo vestito che si è cucito addosso, avrebbe  potuto bissare in città quel 62%, nel caso il Presidente della Provincia e il Consiglio provinciale fossero stati eletti a suffragio universale.
Hanno saputo soltanto dire, Mastella and company, di aver conquistato la guida della Provincia dopo 20 anni. Che lo abbia detto Domenico De Siano (“roccaforte ritenuta inespugnabile fino al voto di ieri”), è giustificabile, perché il coordinatore regionale di Forza Italia non conosce i fatti; ma che lo abbiano affermato i mastelliani, si deve pensare ad una mancanza di onestà intellettuale da parte di questi signori. E’ opportuno infatti ricordare che il diessino Carmine Nardone, nel 1998, sostenuto da una coalizione di centro sinistra di cui faceva anche parte l’Udeur di Mastella dopo il cambio di fronte dell’attuale sindaco, venne eletto Presidente. Con la stessa coalizione, è stato poi riconfermato nel 2003.  Successivamente, dopo la costituzione del Pd, avvenuta nel 2007, e non dieci anni prima, vorremmo osservare a chi sul Mattino ha scritto  “netta flessione del Pd, scalzato dopo 20 anni di guida della Rocca dei Rettori”,  nel 2008 toccò al post diessino Aniello Cimitile di essere eletto presidente, sostenuto, nella coalizione di centro sinistra, pure dall’Udeur di Mastella, avendo Berlusconi, in occasione delle elezioni politiche dello stesso anno, non riservato alcuna gratitudine nei confronti dell’attuale sindaco per aver fatto cadere il governo Prodi, di cui era Guardasigilli (infatti, per rifiutare l’apporto dell’Udeur nella coalizione di centro destra – Pdl e Lega Nord – Berlusconi addusse, come pretesto, la vicenda giudiziaria in cui era rimasta coinvolta la moglie di Mastella, attuale senatrice berlusconiana). Soltanto dall’ottobre 2014 all’ottobre 2018 vi è stata una guida della Provincia da parte del Pd, se si eccettua, nella seconda consiliatura, la presenza dell’ex alfaniano Francesco Rubano. 
Nella elezione del Consiglio provinciale, va però rilevato che il Pd ha pagato lo scotto di essersi presentato diviso alla competizione, avendo una parte del partito, come dicevamo, presentato una propria lista (Sannio Campania Europa), ottenendo un seggio, nella persona di Pasquale Carofano, sindaco di Telese,  rispetto ai due conquistati dal Pd, nelle persone dei riconfermati Renato Lombardi e Giuseppe Ruggiero. Certamente, queste “ingiustificate differenziazioni”, come le chiama Valentino in quella nota, “hanno condotto ad un allentamento del vincolo di appartenenza”.

LA CONFERENZA STAMPA E LE PRIMARIE

Insomma, una frangia di post diessini, anche nella elezione del Consiglio provinciale, ha voluto misurarsi con la maggioranza del partito, in sintonia con la posizione assunta, in occasione delle Primarie, nel sostenere il post diessino Nicola Zingaretti. A Benevento, dove alla Primarie vi è stata notevole partecipazione di 2.829 cittadini, Zingaretti ha preso 1.320 voti, contro i 1.207 ottenuti da Maurizio Martina e i 170 rimediati da Roberto Giacchetti. Però, se si considera che, per la elezione del segretario  regionale, Del Basso De Caro ha ottenuto in città 1.417 voti, mentre la zingarettiana Amida Filippelli ha conquistato 876 voti, si può dedurre che, in sostegno di Zingaretti, i Del Vecchio (il padre Gaetano e il figlio Raffaele, che nel corso della loro pluridecennale presenza in Consiglio comunale, prevalentemente come amministratori,  avranno seminato qualcosa in termini di conquista di consenso) abbiano influenzato la stessa quantità di voti conseguiti dalla Filippelli, il che tuttavia non è poco. Gli oltre 400 voti  di scarto fanno parte “di un movimento di opinione e non di un voto organizzato”, ha osservato in conferenza stampa Del Basso De Caro, che, più interessato a dedicarsi  all’intera regione e alle aree interne,  non si è impegnato su Benevento, anche perché, ha dichiarato, “non ho una visione da cortile come tanti altri”.  
Invece, nel voto provinciale, Benevento compresa, che ha coinvolto l’interesse di 17.637 cittadini,  ha ricordato Del Basso De Caro, “Martina, con il 58%, è stato il più votato in Italia, Zingaretti il meno votato, con il 34%”, un dato, questo, che si attesta in controtendenza anche rispetto a quello regionale, dove Zingaretti ha conquistato il 48,57%, mentre Martina ha conseguito comunque un ragguardevole 43,57%.  Infatti,  ha riferito Del Basso De Caro, persone legate al governatore De Luca, nel Salernitano e nel Casertano, hanno fatto votare, come segretario nazionale del partito,  Zingaretti,  e, come segretario regionale, Leo Annunziata,  il candidato espresso dal Presidente della Regione, atteso che lo stesso presidente sosteneva Martina, come segretario nazionale.    
Rispetto a questa situazione, giustamente Del Basso De Caro, piazzatosi davanti alla Filippelli, poco sostenuta dai zingarettiani, si può ritenere vincitore della competizione, avendo conseguito, in sede regionale, circa 34.000 voti, pari 25%, una percentuale tutta da verificare, perché, come dicevamo, i dati elettorali non sono stati ancora ufficializzati. Non a caso, Del Basso De Caro, nel comunicare questi dati, riportati dai verbali, ha aggiunto: “e mi fermo qui, per non entrare in polemica”.
Infatti, se si considera che, da qualche provincia, sarebbero stati inviati, con qualche giorno di ritardo, alla sede regionale del Pd, i dati relativi alla elezione del segretario regionale, si sarebbe indotti a nutrire qualche perplessità sulla trasparenza delle operazioni di spoglio dei voti, anche perché, al momento in cui scriviamo, la commissione regionale, come dicevamo, ha qualche difficoltà nel proclamare i risultati.
Intanto, mentre è certa la elezione dei 1.000 componenti l’Assemblea nazionale, della quale sono stati chiamati a far parte, per la federazione di Benevento, Carmine Valentino, il consigliere regionale Erasmo Mortaruolo e la uscente Antonella Pepe, per la mozione di Martina, nonché l’uscente Raffaele Del Vecchio, per mozione di Zingaretti, non è certa ancora la elezione dei 225 componenti l’assemblea regionale, nella quale entreranno a far parte 12 sanniti: 8 per le liste collegate a Del Basso De Caro, che ha ottenuto 11.275 voti, pari al 65,66%; 2 per la lista collegata ad Annunziata, che ha rimediato 2.582 voti, pari al 15,04%, e 2 per la lista collegata a Filippella, che ha conseguito 3.314 voti, pari al 19,30%.  Stante questa situazione, la commissione regionale per il congresso deve pervenire, in tempi brevi, alla proclamazione dei voti e degli eletti, perché domenica 24 marzo possa essere riunita l’assemblea regionale per eleggere il segretario, mentre non vi sono problemi per l’assemblea nazionale, che domenica 17 marzo eleggerà Zingaretti.
Giuseppe Di Gioia

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