Mastella non vuole l’acqua pubblica
Le cronache di questi giorni ci consegnano l’immagine di un Mastella, semmai ci fosse ancora bisogno di sottolinearlo, tifoso di Acea, la società romana, con la Suez di Parigi e Caltagirone quali azionisti, che detiene il 60% di Gesesa SpA.
La conferma si è avuta nel corso del convegno che, promosso a Acqua Bene Comune (Abc), si è tenuto il 29 gennaio presso l’aula magna (Palazzo De Simone) del Dipartimento Demm dell’Unisannio. In quella sede, il comitato Abc ha consegnato al sindaco Mastella 3200 firme autenticate, 200 in più di quelle richieste, per chiedere la convocazione del referendum, al fine di dare ai cittadini la possibilità di scegliere se consentire ad Acea di investire altrove i profitti realizzati a Benevento, grazie anche e soprattutto alle bollette salate che gravano sugli utenti, o se affidare ad una gestione pubblica le risorse idriche, che essendo un bene comune non possono essere vendute, così come deciso dal Referendum del 2011, anche se deve considerarsi scaduto, dal momento che la consultazione popolare sancita dalla Costituzione, ha una validità, nel caso dell’acqua mai attuata, di 5 anni, come ha ricordato nel 2012 il Consiglio di Stato .
L’iniziativa del Referendum, assecondata da Unisannio, il cui Rettore, Filippo De Rossi, unitamente ai proff. Verdicchio e Marotta, ha portato il suo contributo al dibattito, ha preso le mosse anche dalla necessità di ridurre i costi dell’acqua, dal momento che i francesi, ritornati alla gestione pubblica del prezioso liquido, hanno riscontrato una riduzione dell’8% sulle bollette, come ha ribadito il prof. Alberto Lucarelli, docente di Diritto Costituzionale presso la “Federico II”, a giudizio del quale la forma consortile di gestione, abbandonata in passato, si sta riscoprendo in tutta Italia.
Il sindaco Mastella, per sostenere la validità dell’iniziativa privata nella gestione dell’acqua, anche se ha detto di non essere mai stato d’accordo con le privatizzazioni, ha riferito, senza a suo dire peccare di partigianeria (1), che Gesesa è l’unica azienda attiva tra quelle che fanno capo al Comune di Benevento, richiamando l’attenzione sull’Alto Calore Servizi che, avendo (avuto) una gestione pubblica affoga in un pozzo di debiti. Ma ha omesso di dire che questo succede quando un servizio pubblico è gestito da politici. E, nel caso dell’Alto Calore, ne sa qualcosa Ciriaco De Mita, il politico avellinese, cui Mastella deve l’avvio, nei primi anni 70, della sua carriera di giornalista Rai, prima, e di quella di parlamentare, poi.
Chi scrive sa molto bene che quando l’acquedotto di Benevento, sul quale non gravavano profitti di privati e costi di Cda e di presidenti, era gestito da funzionari del Comune fino ai primi anni novanta, periodo in cui subentrò la Beneventana Servizi, gestita in questo caso da milanesi, l’acqua aveva un costo irrisorio, e nessun cittadino correva il rischio della sospensione della fornitura, come invece accade oggi – è stato denunciato nel convegno – senza tener conto che l’acqua è una risorsa di cui nessun essere vivente può essere privato.
Eppure, la difesa dell’acqua pubblica è stato, nella campagna elettorale di due anni e mezzo fa, uno dei tanti suoi cavalli di battaglia, messi in campo per coglionare, tra quelli che si sono recati a votare, il 62% di elettori, ovvero il 35% degli aventi diritto al voto, che lo hanno scelto come sindaco.
Ma come può Mastella cacciare l’Acea, dopo che questa società ha assunto in servizio suoi raccomandati, e sta continuando ad illuminare i monumenti della città, per consentire a lui la possibilità di continuare, non si sa fino a che punto, a distrarre i cittadini rispetto alle promesse non mantenute a al languire dell’amministrazione.
Anche in occasione del convegno non ha mancato di far rilevare che le cose buone appartengono alla sua iniziativa e quelle cattive alla iniziativa della precedente amministrazione. Ma ha fatto palla corta, come si suol dire, perché, quando ha replicato al responsabile della Lipu, Marcello Stefanucci, che gli aveva contestato l’individuazione del sito ove costruire il depuratore, ha avuto l’ardire di precisare che quella localizzazione era stata scelta dai suoi predecessori. Però, “avete continuato a convogliare le condotte verso quel sito”, gli ha rintuzzato Stefanucci.
Giuseppe Di Gioia