“Non mi sono voltata”, la testimonianza di Liliana Segre al Teatro San Marco

La morte era anche solitudine.  E’ questo il sentimento, che  traspare in tutto il testo “Avevo solo 13 anni”,  trasmesso  dalla senatrice a vita, Liliana Segre, che ha voluto raccontarci la sua esperienza vissuta nel campo di concentramento di Birkenau definendo il suo atteggiamento crudamente “la mia vigliaccheria”, nel momento in cui,  eseguita la selezione, venivano individuati  i soggetti da sacrificare, I rimanenti, nel loro cuore, esultavano per essere stati graziati dalla sorte. L’eccezione,  ricordiamo tra le poche, fu quella di San  Massimiliano Kolbe, che si offrì volontario, in cambio di un giovane disperato, che si dimenava e  si rifiutava di morire, perché sposato con figli. Ricordiamo l’eroico gesto di questo santo, che per farsi accettare dai carnefici, si presentò con le sue credenziali:  ”Sono un prete, cattolico, polacco”. La “sua proposta” fu accettata, perché aveva i “requisiti”.
 “Non mi sono mai voltata”. Così, Liliana si è autoaccusata. Infatti, non si girava mai verso i “prescelti”, che rimanevano pertanto estremamente soli ed abbondanti alla loro sorte. Non si voltò neanche quella volta, (la terza volta) in cui, sottoposta alla “selezione”,  fu scelta la sua giovane amica, Jannette, una francese di circa 22- 23 anni, che era in fila subito dopo di lei. Jannette, operaia anch’ella nella fabbrica di munizioni dove lavorava Liliana, aveva perso tre dita, e questo “infortunio sul lavoro”  le fu fatale. 
Il racconto di Liliana Segre, adattato per lo spettacolo dal regista Giambattista  Assanti,  è stato letto con professionalità e intelligenza poliedrica da Daniela Fazzolari, che si è presentata al pubblico con una mise nera, elegantissima.  L’attrice, infatti, nata a Torino, di origini calabresi, ha lavorato in televisione, dove ha raggiunto subito una grandissima popolarità, in: “Cento Vetrine”, “Don Matteo 7”, “Un posto al sole d’estate”. Al cinema ha lavorato, tra gli altri, con il regista Dario Argento in ben tre film: “Non ho sonno”, “La terza madre” e “Giallo”.
La lettura è stata alternata dall’esecuzione di brani musicali, suonati dall’orchestra del Liceo musicale Guacci di Benevento, composta da 20 orchestrali, e diretta dalla M° Debora Capitanio. Abbiamo così  ascoltato: di Dimitri Shostakovich, “Il valzer n.2 (Jazz Sweet)”,  “La Noyèe“, di Yann Tiersen, in cui la fisarmonica è stato lo strumento protagonista, “Die Moritat von Mackie Messer”, di Kurt Weill (1928), “Maritakon Mackie “di Messer Koweile; “Palladio” di K. Jenkins, “Adios Nonino” di Astor Piazzolla; “Madre Theresa Theme” di M. Paulicelli; infine “Over the rainbow “di H. Arlen.
Il secondo appuntamento di questa rassegna “Invito a teatro”, ha voluto farci un po’ riflettere su quanto accade all’uomo, quando perde il lume della fratellanza, facendosi guidare solo dal “dio denaro”. La cosiddetta “soluzione finale”, da alcuni paventata, non si realizzò, ma dobbiamo ricordarne l’atroce tentativo, perché ci sia d’esempio per il futuro, perché lo sia soprattutto per le giovani generazioni. Per questo, nello spettacolo sono stati coinvolti anche sette bambine della scuola primaria bilingue, che hanno recitato anch’esse alcune  delle riflessioni  scritte dalla Segre, nel racconto che ha fatto della sua vita dagli otto anni fino ai quindici.
Gli anni, cioè, in cui ha vissuto il distacco, a causa delle leggi razziali, dalla sua scuola, dalla propria casa, dalla propria città, Milano, dai suoi familiari, dai nonni paterni e dal papà, che non ha più rivisto, perché sono stati gasati, appena arrivati, a destinazione.
Questo racconto è un po’ la continuazione di quello iniziato da Anna Frank nel suo “Diario”, in cui traspare il sogno di quella bambina, che da grande, solo divenire una scrittrice. Ci ha però soltanto potuto raccontare l’inizio di un percorso doloroso, in quanto non è sopravvissuta, alla vita nel campo di sterminio, a differenza di Liliana che ce ne ha narrato con minuziosa dovizia di particolare, tutti gli aspetti intimi.
Entrambe ci hanno presentato quanto è accaduto nel secolo scorso, con l’augurio che tutti noi non dimentichiamo e che soprattutto evitiamo in futuro, simili tragedie.
L’obiettivo dichiarato dal regista nella sua introduzione è stato pienamente realizzato: quello di farci soffermare per un attimo, sulle brutture, realizzate in passato, farci riflettere, perché il teatro è anche questo. Su cinque spettacoli, uno solo non ci ha fatto sorridere, ma ci ha aiutato a pensare e a ricordare.
Lo spettacolo realizzato da Assanti si è avvalso, in primis, di un’intervista rilasciata dalla senatrice, che lui ha ricordato di aver conosciuto telefonicamente, a Roma, in occasione della presentazione del suo film ”Il giovane Pertini, combattente per la libertà”, e poi dalla lettura del suo racconto di vita e dal messaggio di ringraziamento, che la senatrice Segre, impossibilitata a partecipare, ha voluto far giungere a tutti noi, ringraziamento letto anch’esso dalla Fazzolari. E’ il testamento spirituale di questa donna, che ha vissuto un incubo, solo per ”la colpa di essere nata”.  Nel suo messaggio ha voluto affidare alle giovani generazioni, definite ”nuove sentinelle”, il difficile compito di “mantenere in buona salute la nostra democrazia”, paragonata ad un albero in cui i principali rami si chiamano: ”Pace, Uguaglianza e Libertà”. Ha concluso affermando che” il futuro è nelle vostre mani e la stella polare che vi guiderà si chiama Costituzione”.
Ci dobbiamo complimentare con Giambattista Assanti, ringraziandolo, perché con la sua tenacia ha voluto offrirci questa nuova rassegna di teatro, iniziata con la simpatica Marisa Laurito, e che proseguirà il prossimo  il 16 febbraio con “Francesco Paolantoni Show”,  un spettacolo che vedrà  proprio Francesco Paolo Antoni, attore, comico napoletano, come mattatore della serata, che darà il meglio di sé.
Per le prenotazioni n. 3343405841, il biglietto costerà € 17,00, da acquistare presso il botteghino del S. Marco.
Buon prosieguo di divertimento a tutti.
Maria Varricchio

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