Il Coronavirus e la persecuzione verso i fedeli cattolici

Caro Direttore,
vorrei tornare nuovamente sulla questione importante legata all’emergenza sanitaria del Coronavirus, che sta sconvolgendo l’Italia intera, compresa naturalmente la nostra città di Benevento, in merito alla delicata problematica della sospensione delle messe anche nella settimana santa e dell’apertura delle chiese. Infatti, in questi ultimi giorni, sono avvenuti episodi di inaudità gravità, che ledono in modo palese diritti fondamentali della persona quali la libertà di culto, sancita nell’art. 7 e nell’art. 9 della Costituzione.
Domenica scorsa, come hanno riportato diverse testate nazionali e regionali, vi è stata un’irruzione dei carabinieri in una chiesa a Sant’Anastasia, alle falde del Vesuvio dove il parroco della zona stava celebrando una messa a porte chiuse, con i militari della compagnia di Castello di Cisterna, al comando del capitano Marco Califano: i carabinieri sono entrati nella chiesa francescana di Sant’Antonio, dove erano presenti nove persone fatte entrare da un ingresso secondario, mentre un frate celebrava regolarmente la messa delle 8. La funzione religiosa è stata interrotta ed i presenti sono stati identificati e denunciati per inottemperanza alle norme. Lo stesso increscioso episodio si è verificato a Nocera Inferiore, dove vi sono stati otto denunciati – tra sacerdote, vice parroco e sei fedeli – per la messa celebrata di sera, dopo le ore 20, in una chiesa del rione Cicalesi a Nocera Inferiore. Gli agenti della polizia municipale hanno fatto scattare il provvedimento, dopo averli identificati – come scrive il quotidiano “Il Mattino” – perché era in corso una funzione religiosa nonostante il divieto per le misure anti contagio da Covid-19.
Oltre a questi due episodi, caro Direttore, il massimo dell’indignazione l’ho raggiunta leggendo questo gravissimo episodio avvenuto nella città abruzzese di Giulianova, dove sono stati denunciati dai carabinieri i quattro amministratori, tra cui il sindaco Costantini, i cinque preti e i tre giornalisti, per un totale di dodici persone, che – nell’ampio santuario della Madonna dello Splendore – hanno affidato la città a Maria Santissima, con tanto di deposizione della fascia tricolore ai piedi della statua. 
Il primo cittadino abruzzese ha cosi commentato l’assurdo episodio: “Ho partecipato a un rito a porte chiuse, invitato dal vescovo di Teramo e dai parroci della mia città. E’ una tradizione che risale al 1500 quella di affidare Giulianova alla nostra Madonna dello Splendore e già altri primi cittadini, Siena, Ascoli, hanno consegnato nei giorni scorsi le chiavi della città o la fascia tricolore al proprio patrono in attesa che passi questa emergenza. Mi è stato riferito che durante la funzione due carabinieri sono entrati in chiesa per fermare la liturgia, ma sulla soglia sono stati invitati a uscire. Così due militari in borghese mi hanno atteso fuori dal santuario per riprendermi con la telecamera. Ho fatto presente che sono un pubblico ufficiale e per questo autorizzato a spostarmi senza i vincoli del Dpcm. Poi dai giornali locali ho saputo di essere stato denunciato da consiglieri dell’opposizione e da alcuni cittadini. Ho contattato il comandante della stazione di Giulianova che mi ha confermato la denuncia a mio carico e degli altri presenti trasmessa alla Procura. Aspetterò l’esito dell’iter. Grande stupore, davvero. Come anche i miei concittadini sanno, combattendo da due anni contro un tumore, proprio perché immunodepresso, da due settimane lavoro da casa. Quella cerimonia rappresentava quindi la mia prima uscita dall’emergenza coronavirus e non nascondo che avevo un po’ di paura per la mia salute. Ma ho ritenuto il gesto così importante da farlo. Anche il vescovo mi ha manifestato la sua sorpresa per quanto accaduto in seguito. Ricordo che le chiese sono strutture dello Stato Vaticano, anche di questi tempi restano aperte, senza funzioni, certo, per evitare assembramenti, ma noi abbiamo rispettato tutti i dettami: distanze, mascherine…”. “Quello fatto è stato un gesto di fede molto sentito non solo da me, ma da tutta la cittadinanza. In anticipo tutti erano a conoscenza di questa cerimonia del 25 marzo, tanti l’hanno seguita in streaming, non potendo partecipare. E sulle mie pagine social sono arrivati tanti commenti e ringraziamenti. C’è una grande devozione alla Madonna dello Splendore; da sempre la città si affida a lei; l’ultima volta era stato durante il Giubileo del 2000”. Questi gravissimi accadimenti vanno ben al di là dell’attuale emergenza sanitaria e invitano a porre alcuni interrogativi importanti: 1) Perché vi è un attacco cosi serrato alla pratica religiosa e di culto, che viene parificata ad attività ludica o di svago, come andare al cinema, a vedere una partita di calcio, ai ristoranti o ai bar? 2) E’ mai possibile che gli assembramenti di persone si formano unicamente nelle chiese, che in questo periodo sono praticamente deserte, e non invece nei supermercati o alle poste o alle banche o alle farmacie, dove invece vi è un ordine da parte dei clienti e degli utenti nell’usufruire di questi servizi, mentre le messe sono state sospese in Italia, senza neanche provare ad organizzarsi magari con piu’ celebrazioni, come sta avvenendo in Polonia? O forse vi è un attacco senza precedenti alla Chiesa Cattolica di stampo massonico, al fine di eliminare qualsiasi elemento soprannaturale dal cuore dei credenti, a pochi giorni dalla Santa Pasqua, con il silenzio colpevole, indegno, omertoso e vile di una chiesa completamente prostrata alle direttive del Governo adottate con atti amministrativi del Presidente del Consiglio dei Ministri, preoccupata unicamente di mantenere l’8 per mille  e di non pagare l’ICI sugli immobili? 3) Si puo’ accettare in silenzio, senza combattere, questa frase gravissima contenuta nell’ordinanza del Ministero dell’Interno sulla chiusura delle chiese, nella quale si sancisce:” Al fine di limitare gli spostamenti dalla propria abitazione, è necessario che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da “comprovate esigenze lavorative”, ovvero per “situazioni di necessità” e che la chiesa sia situata lungo il percorso, di modo che, in caso di controllo da parte delle forze di Polizia, possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi”?
Cosi spiega Cascioli sulla Nuova Bussola Quotidiana: “In pratica possiamo andare in chiesa a pregare solo se  siamo sulla strada per fare qualcos’altro di riconosciuto come necessario. Stando alla lettera di quanto afferma il ministero dell’Interno, quindi, non c’è un diritto a recarsi in chiesa per pregare, e non ci si può andare se non abbiamo la chiesa sulla strada per andare al lavoro o al supermercato. L’ingresso in chiesa è solo una pratica tollerata e pesantemente limitata. Viene cioè riconosciuto il diritto ad andarsi a comprare le sigarette, ma non quello di andare a pregare (malgrado le chiese siano vuote). Siamo di fronte ad affermazioni gravi che ledono pesantemente la libertà religiosa, così come garantita dalla Costituzione, e conseguenza di una concezione esclusivamente materialistica dell’uomo, per cui contano soltanto le necessità materiali”.
Dinanzi a questo assalto alla Sposa di Cristo, che ci rimanda alla Rivoluzione Francese del 1789, al periodo del terrore di Robespierre (manca solo la ghigliottina per i religiosi e i fedeli ribelli, oltre alle denunce), alla persecuzione dello Stato massonico sabaudo nei riguardi dello Stato Pontificio nel 1871, con il famoso non expedit del grande Pio IX per poi giungere alla Rivoluzione Comunista del 1917, ci si chiede come si sarebbe comportato un vero e autentico successore di San Pietro. La risposta la si puo’ riscontrare in queste mirabili parole del grande Pontefice Leone XIII, il quale disse: “È diritto della Chiesa vivere e conservarsi con leggi e istituzioni conformi alla sua natura. Essa, essendo non soltanto una società perfetta ma superiore a qualunque altra società umana, si rifiuta di seguire, per suo diritto e per il suo fine, le vicende dei partiti e di adeguarsi alle esigenze mutabili della società civile”.
Così si esprimeva Leone XIII nell’enciclica  Sapientiae Christianae sui doveri dei cittadini cristiani nel 1890: Nessuno dei due poteri, quello della Chiesa e quello dello Stato, “obbedisce all’altro”, anche se ciò non vuol dire “che i due poteri sono tra loro separati e tanto meno in lotta l’uno contro l’altro”. Quindi, né lo Stato può disciplinare di propria iniziativa esclusiva un terreno non suo ma della Chiesa, né esso può mettere la Chiesa sullo stesso piano di altre società umane.
Nella Immortale Dei del 1885, lo stesso Pontefice chiariva che ci sono due potestà, quella ecclesiastica e quella civile e intorno ad ognuna di esse “viene a determinarsi come una sfera, entro la quale ciascuna dispone con diritto proprio”. Le due autorità devono essere coordinate: “tutto ciò che nel mondo in qualunque modo ha ragione di sacro, tutto ciò che riguarda la salute delle anime e il culto divino cade sotto la giurisdizione della Chiesa. Tutte le altre cose, poi, che si racchiudono nel giro delle ingerenze civili e politiche, è giusto che sottostiano all’autorità civile”.
Il caso dell’accesso alle chiese impedito dallo Stato  rientra pienamente in quanto qui previsto da Leone XIII. Nel caso attuale l’autorità politica è entrata in un ambito non suo, e la Chiesa ha permesso che questo avvenisse. Il cittadino credente si è trovato così davanti al bivio di cui parla il Pontefice e in difficoltà. Leone XIII sottolineava poi anche un’altra cosa interessante: “Si danno talora dei casi, nei quali si apre un’altra via di concordia ad assicurare la libertà di entrambe, cioè allorché i governanti civili e il romano pontefice [allora non c’erano le conferenze episcopali] si mettono d’accordo sopra qualche punto in particolare. Nelle quali circostanze la Chiesa offre prove splendidissime di bontà materna, recando tutto quel che le è possibile in opera di facilitazione e di indulgenza”. Infatti, se Stato e Chiesa si fossero messi d’accordo, la Chiesa avrebbe certamente offerto la sua collaborazione materna nell’accettare e nel collaborare ad una disciplina dell’accesso alle Messe e alle chiese. Purtroppo però, a quanto sembra, ciò non è avvenuto sia perché lo Stato è entrato a gamba tesa, sia perché la Chiesa non ha chiesto accordi. Ciò, naturalmente, a prescindere dal Concordato in essere che pure fornisce spunti giuridici per non rimanere supini e inerti davanti a questi problemi.
Nella medesima enciclica , Leone XIII prevedeva che si sarebbe arrivati a pensare che “la Chiesa, non più avuta in conto di società perfetta e giuridica, non sarà per lo Stato altro che un’associazione simile alle tante altre che sono e vivono in esso; e se gode diritti e azione legittima, si dirà che ne gode per concessione  e beneplacito dello Stato”. Il Papa aveva previsto l’equiparazione delle assemblee religiose a quelle ludiche sancita dai vari decreti del presidente Conte. Partecipare ad una Messa o entrare in una chiesa per pregare oggi è vissuto proprio in questo modo: come una concessione dello Stato, oppure come un diritto del cittadino posto nelle mani dello Stato, ma non come un diritto del fedele e della Chiesa.
Nell’enciclica Diuturnum illud del 1881, Leone XIII esortava le autorità politiche “affinché tutelino la religione e, ciò che interessa anche allo Stato, lascino che la Chiesa goda di quella libertà di cui senza ingiuria e comune detrimento non può essere privata”. E continuava dicendo: “Le cose che si riferiscono all’ordine civile essa [la Chiesa] riconosce e dichiara che  appartengono alla loro potestà e al loro supremo imperio: in quelle il cui giudizio, sebbene per diversa ragione, appartiene alla sacra e alla civile potestà, essa vuole che esista fra ambedue la concordia, grazie alla quale si evitino all’una e all’altra funesti dissidi”.
In altre parole: non è che per evitare i dissidi si debba rinunciare ai diritti della Chiesa, piuttosto è vero che tutelando i diritti della Chiesa si evitano i dissidi”.
Con stima
Gianluca Martone

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