UN GIGANTE VISSUTO NEL SILENZIO: il servo di Dio padre Isaia Columbro 1908-2004

Ho avuto la possibilità di conoscere personalmente il francescano padre Isaia Columbro nei 14 anni della mia formazione, nel seminario arcivescovile prima e in quello regionale di Benevento, poi. Anche da sacerdote ho incontrato più volte padre Isaia, confrontandomi spiritualmente con lui e accostandomi al sacramento della riconciliazione. Sono rimasto sempre edificato dalla sua autentica e profonda umiltà e soprattutto dalla sua disarmante semplicità, sostenute non dalla forza della erudizione, ma dall’accattivante «sapientia cordis», caratteristica peculiare dei veri amici di Dio.
Non soltanto io, ma gli stessi Arcivescovi di Benevento, tanti sacerdoti, religiosi e religiose e una moltitudine di laici lo cercavano per riconciliarsi con Dio, chiedere consigli, affidargli particolari intenzioni di preghiere. Mi risulta, inoltre, che tante persone con difficoltà nel campo della fede, conquistati dalla sua mitezza, edificati dal suo buon esempio, lo frequentavano fino a scegliere di celebrare le nozze, benedette da lui.
Padre Columbro è stato sacerdote zelante e instancabile apostolo della Parola di Dio, dell’Eucaristia e della devozione mariana, un padre spirituale attento, un confessore rivelatore autentico della misericordia di Dio, con un’attenzione specialissima per gli ammalati che visitava di sovente negli ospedali e nelle famiglie. Caritatevole senza alcun limite: aveva le mani bucate. E usufruiva di una soprannaturale regia mariana in tutto il suo intenso apostolato. Nel 1954, si era recato a San Giovanni Rotondo per imparare da San Pio da Pietrelcina la strada più agevole per farsi santo. In seguito, quando i fedeli del Sannio si rivolgevano a padre Pio, questi rispondeva: «Perché venite da me? Andate da padre Isaia».
Un gigante vissuto nel silenzio che ha fatto della sua vita un generoso servizio d’amore.
Non è difficile esprimere un parere sul tema della fede, della dottrina e della morale negli scritti del Servo di Dio, perché di padre Isaia si conserva, unitamente all’epistolario, la semplice trascrizione di messaggi mariani ricevuti da una sua figlia spirituale, Paola Pastore di Foglianise, donna, sposa e madre di grande preghiera e di straordinaria carità, custode, insieme alla sua famiglia, della chiesa di Santa Maria e dell’Eremo di San Michele.
Soprattutto le lettere registrano tutte le vibrazioni della sua anima, i vari eventi che si succedono, l’incontro con le persone, i problemi del quotidiano. Gli scritti documentano l’ascesa spirituale del Servo di Dio sotto l’azione della Grazia che lo spinge ad osare sempre di più, nel segno della carità. Vi appare un’anima assetata della Verità e della Bontà, in lotta per la perfezione morale e protesa verso i superiori valori dello Spirito. Analizzando gli scritti s’individuano alcuni temi fondamentali e ricorrenti. Il suo pensiero s’ispira sempre al dettato della Sacra Scrittura, al Magistero solenne, alla dottrina dei Padri e Dottori della Chiesa, ma sempre tradotto con linguaggio limpido, semplice, lineare ed incisivo, comprensibile per tutti. Ha un cuore di bambino e perciò è capace di trasmettere al popolo il grande mistero di Dio.
Motivo dominante di ogni suo scritto e di ogni circostanza, la sua fede profonda nell’aldilà. Il cimitero di Vitulano, ubicato nel giardino dell’antico convento francescano, lo spinge al ricorrente ricordo di «sorella morte» e a una specialissima attenzione ai «Novissimi», di cui parla in ogni suo scritto. Emerge, al di sopra di tutto, una delicata carità verso le anime del Purgatorio. In lui domina il pensiero della morte e dell’eternità, di Dio e dei valori della vita. 
Non meraviglia se sia riuscito a raggiungere un alto grado di perfezione cristiana, perché egli tende sempre verso la perfezione morale e compie ogni sforzo per vincere le passioni e gli impulsi contrari ai principi della teologia morale, cui è fermamente attaccato. Non si contano i suoi sacrifici per assecondare l’azione della Grazia nella sua vita. Negli anni della maturità padre Isaia raggiunge la visione autenticamente cristiana del sacrificio e del mistero della croce. Le vicende belliche hanno certamente favorito la maturazione di questa visione. La sua comprensione della vita consacrata appare intensa e compiuta. Manifesta ripetutamente la sua chiara visione dell’importanza della vita spirituale necessaria a tutti i figli della Chiesa. Nel mentre si rivolge direttamente e amabilmente ai destinatari fa conoscere indirettamente quella che è la sua intensa vita interiore. Nel Ministro provinciale dei Frati Minori intravede la presenza e l’azione del Serafico Padre San Francesco, la sua obbedienza è esemplare, pur rifuggendo da incarichi e ruoli, supplicando i superiori di liberarlo da queste incombenze perché, di preferenza, egli ama accogliere, confessare, predicare e celebrare i divini misteri. Accetta alcuni incarichi solo quando è costretto dall’obbedienza.
Il suo amore all’Immacolata è incondizionato, a Lei presenta le sue preghiere, a Lei si affida con fiducia, a Lei ricorre per le necessità dei fedeli, e soprattutto nella lotta contro il maligno, mentre esercita il delicato ministero di esorcista per incarico dell’Ordinario diocesano. S’ispira di continuo al suo grande confratello francescano Giovanni Duns Scoto, conosciuto anche come «Doctor Subtilis», filosofo e teologo, beatificato da Giovanni Paolo II il 20 marzo 1993, nel tessere le lodi della Santa Vergine. Padre Isaia non fa un passo se la Madonna non lo accompagna e non lo ispira nella sua missione.
Quando per l’età avanzata si affievolisce l’udito, lo si sente pregare in ogni momento. Ripete ad alta voce e in continuazione: «Madonna mia bella, Madonna mia bella» ed altre invocazioni, quasi un soffio e un sospiro che gli fanno perdere la cognizione del tempo e dello spazio e lo immergono sempre più in Dio. I suoi piedi sono a terra per la concretezza, ma il suo cuore è già in Cielo. In una lettera del 15 settembre 1998 scrive: «Io soffro col fegato, con la guancia, con gli occhi. Tengo solo un decimo di vista, sia al destro che al sinistro. Ma io dico: Gesù mio, Madonna mia, questi due decimi mi bastano e non voglio più di questo. Io tutto offro, tutto sopporto. Questa forza non è mia, me la dà il Signore. Lui mi dà, lui mi ascolta».
Gli scritti di padre Isaia Columbro, pur nella loro esiguità e disarmante semplicità linguistica, costituiscono un tesoro singolare nella letteratura spirituale perché manifestano il grande amore a Cristo e alla Chiesa, all’Immacolata e ai poveri, di un sacerdote francescano esemplare che vuole infiammare di questo amore tutti quelli che incontra. Padre Isaia è diventato punto di riferimento e faro di luce che, dal Convento dell’Annunziata della Valle Vitulanese, si è irradiato in tutto il territorio sannito-irpino. Pochi sono gli uomini che come lui hanno esercitato un influsso ampiamente positivo sul popolo di Dio con tutta la sua intensa attività di frate francescano «silenzioso e lento», formatore, maestro dei novizi, superiore del convento, parroco, esorcista e guida di tantissime anime.
Da ogni riga da lui scritta si trasmette una forza che illumina, conforta, incoraggia e spinge ad una sempre più generosa carità. Tra i suoi confratelli egli forse è l’unico che tutto quel che ha scritto lo ha trasmesso guidato da un santo trasporto e sempre sotto l’illuminazione della Grazia. Qui abita la sua forza. Perciò ha potuto influire significativamente sui consacrati e sul popolo di Dio.
Il Servo di Dio non ha scritto molto ma ha parlato con francescana semplicità e soprattutto ha testimoniato con la sua vita durata quasi un secolo. La sua vita rimane il libro non scritto.
Da un attento esame degli scritti di Padre Isaia Columbro risulta che in essi non vi è alcunché «contra fidem vel bonos mores», anzi vi si trovano tante espressioni capaci di rafforzare le convinzioni religiose e morali, conformi agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Nel complesso, Padre Isaia si presenta come un uomo buono, titolare di una squisita pasta umana, un francescano autentico, un apostolo instancabile e un generoso promotore di carità, il quale ha raggiunto un alto grado di perfezione cristiana, di santità, e come tale a tutti può essere indicato come modello da imitare.
Mons. Pasquale Maria Mainolfi

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