Provenzano: inserire una fiscalità di vantaggio che invogli ad investire al sud e rigenerare la macchina amministrativa

Invitato da Antonella Pepe, nel corso della presentazione dell’instant book “per un nuovo Welfare” lo scorso 15 giugno, di onorare della sua presenza la città di Benevento, il Ministro per il Sud e la coesione sociale, Peppe Provenzano, la sera del 9 settembre, nei giardini della Rocca dei Rettori, dove si sono potute osservare tutte le protezioni anti covid, è venuto a sostenere le candidature del consigliere regionale uscente, Erasmo Mortaruolo, e  di Antonella Pepe, componente l’assemblea nazionale del Pd.
Dopo gli onori di casa fatti a Provenzano dal segretario cittadino del Pd, Giovanni De Lorenzo, Antonella Pepe ha sottolineato, appunto, il momento che le ha consentito di invitare Provenzano a Benevento, non senza soffermarsi sulle ragioni della sua candidatura.
Così, non senza nascondere la sua emozione  per il fatto di avere accanto a sé  il Ministro, “non tanto per la funzione che ricopre, ma perché Peppe rappresenta e ha rappresentato, per me e per la mia generazione, il riscatto del Mezzogiorno”, ha poi, iniziato il suo discorso: “Dopo l’esperienza della Cassa del Mezzogiorno, abbiamo, grazie all’azione del Partito Democratico al governo di questo Paese, rimesso al centro dell’agenda politica nazionale ed europea il Mezzogiorno. Tocca quindi, oggi, alle classi dirigenti del Mezzogiorno, avere la capacità, l’ambizione, la caparbietà e anche la sfida, estremamente entusiasmante, di costruire insieme il riscatto delle nostre terre. Noi abbiamo bisogno di una stagione nuova. Molte delle cose, che sto raccontando in questa campagna elettorale, sono il frutto di riflessioni e di confronti che in questi anni abbiamo avuto in tante occasioni, perché il pensiero, le visioni e le strategie non possono essere mai il frutto di formazioni civiche e di ragionamenti utili per le competizioni puramente elettorali. I cambiamenti e le trasformazioni avvengono grazie a percorsi collettivi (applausi)”.
“Il partito democratico”, ha proseguito Antonella Pepe, “nonostante le sue difficoltà, nonostante le sue contraddizioni, che non dobbiamo nascondere, è l’unica forza politica oggi in campo che ha una visione, una idea, una strategia che noi costruiamo dalle nostre realtà territoriali, passando per i circoli, per arrivare a dimensioni regionali, nazionali e, oggi, anche europee. Peppe, ti dico che noi dobbiamo già cominciare a ragionare di quello che dobbiamo fare, perché il seggio, per il Pd, ci sarà (applausi) e ci sarà la comunità del partito democratico a costruire la proposta politica del governo regionale dei prossimi cinque anni. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo a questo territorio e lo dobbiamo a tutti quei ragazzi che oggi non sono qui, che, non per loro scelta, sono dovuti andare via da questi territori. Io e Mino siamo candidati per rivendicare il protagonismo del Partito Democratico, siamo candidati per rivendicare il protagonismo di una generazione, siamo candidati perché il Sannio sia accogliente e sia madre dei propri figli, siamo candidati per i servizi negati, siamo candidati per provare a costruire un altro racconto delle nostre terre. E noi, a chi  le ha rese ostili, matrigne, vogliamo porre un racconto diverso.  Noi vogliamo un Sannio che sia capace di dare opportunità, sia capace di immaginare un futuro possibile nei nostri territori, dove decidere di andare fuori sia una scelta e non una necessità. Questo lo possiamo fare valorizzando i nostri borghi, attraverso le infrastrutture materiali e immateriali, a partire dalla banda larga a dalla rete stradale e ferroviaria, lo possiamo fare garantendo servizi essenziali (scuole, asili nido, centri di aggregazione, cura delle persone, servizi per gli anziani), lo possiamo fare ricostruendo, in questi territori,  la mobilità e promuovendo una agricoltura di qualità e un’attrazione turistica. Io sono convinta che oggi abbiamo l’opportunità di fare tutto questo, e sono convinta che tocca a noi oggi farlo. Quindi, la scelta del 20 e 21 settembre è: Partito Democratico (applausi)”. 
“E’ molto bello ritrovarsi, dopo il Covid, in una campagna elettorale molto strana”, ha esordito poi il consigliere regionale uscente Erasmo Mortaruolo, “cercando di raccontare l’idea che abbiamo in testa, perché, e lo dico al ministro Provenzano, noi rivendichiamo il diritto che venga riconosciuto alla nostra provincia, la più piccola della regione Campania, di essere quella che ha fatto meglio i compiti a casa. E allora, nella strategia nazionale sulle aree interne, quello che ti chiediamo è di cominciare a investire proprio da qui, cominciare a rendere tutti i nostri 78 comuni un’area interna pilota, immaginando di velocizzare, in maniera veramente rapida, non solo la banda larga ma il cambio degli armadi, per esempio, che dal punto di vista tecnico consente davvero il salto di qualità per quanto riguarda le connessioni. Bisogna favorire, nelle nostre realtà locali, esperienze straordinarie, come quelle di tante cooperative di comunità, o di quelle che cominciano a trasformare, in maniera assoluta ed eccellente, i prodotti della nostra terra. Credo che il primo gradino di ripresa tocchi innanzitutto a noi come classe dirigente di questa provincia. E dobbiamo, certo, anche e soprattutto per la nostra generazione, perché il voto al Partito Democratico non è soltanto una rivendicazione politica forte da rappresentare a Napoli, oggi, in questo momento, e ai tanti democratici che per scelte, sicuramente non di posizionamento e ragionamento politico, si trovano a fare altro tipo di campagna elettorale, al quale noi non siamo abituati, perché io e Antonella Pepe, pur rappresentando la nuova generazione abbiamo una tessera di partito in tasca da più della metà della nostra vita, cercando sempre di onorare la bandiera sotto la quale abbiamo avuto il piacere di fare politica insieme a tutti voi (applausi). Ed è chiaro che, in questa città, e nelle nostre esperienze amministrative, il distinguo è d’obbligo, perché immaginare le aree interne, senza una città di Benevento che cambi visione,  è come immaginare che le aree interne non ci siano. Infatti, Benevento deve essere il terminale nervoso di tutti quegli impulsi che dalla provincia debbiamo mettere insieme e ricostruire. Parlo di ricostruire, perché esperienze straordinarie esistono già, come la cantina sociale di Solopaca (seconda solo a quella di Guardia – ndr), di cui è presente qui il presidente Carmine Coletta. Vedo Libero Rillo, Alessandro Mastrocinque, che nel mondo agricolo e in quello vitivinicolo, esprimono tante eccellenze che sicuramente debbono avere una opportunità diversa, una opportunità migliore, capace di giocarsi una partita. Allora, ci vediamo il 22 settembre, per festeggiare sicuramente insieme un risultato importante per la Regione Campania e soprattutto per la nostra provincia (applausi)”.

L’intervento del Ministro Provenzano
Infine, il Ministro Provenzano, si è detto “felice di essere a Benevento, non solo per aver onorato una promessa, ma anche per il piacere di ritrovarsi e di guardarsi in faccia dopo un periodo difficile per tutti, che ci vede ancora indossare la mascherina, una protezione individuale considerata di sinistra per alcuni avversari politici che hanno perso la ragione, che flirtano con le piazze, che negano l’esistenza del virus, che insultando la sofferenza di 280mila contagiati, il sacrificio di più di 35.000 che hanno pagato con la vita il loro contagio, e l’intelligenza di tutti noi. Secondo me, si sta sottovalutando la portata politica di questo momento elettorale, che, ad avviso di questa destra, riguarda l’idea di dare ad essa il governo del Paese e delle  Regioni. Scusate se ritorno sulla impennata del virus, che ha determinato una pandemia che, se ha risparmiato il Sud  sul piano sanitario, rispetto al Nord, lo ha colpito invece duramente sul piano economico e sociale, in quanto si è sommata alle ferite che già ci portavamo dalle crisi precedenti. Ed è stata la ragione, per cui, per la prima volta,una crisi di queste dimensioni, non viene finanziata con risorse sottratte al Sud. Ricordiamolo agli altri. 26 miliardi, con Tremonti ministro dell’economia, per finanziare la crisi precedente, sono stati sottratti al Sud, che così non ha beneficiato di risorse destinate alle nostre case, alle nostre scuole, alle nostre strade, ai nostri ospedali. Ed abbiamo visto l’effetto di quell’austerità praticata nella crisi precedente. Io sono orgoglioso di far parte di un governo che rispetta questa crisi, tra mille difficoltà, mettendo però, al primo punto la vita delle persone, anche rispetto alle altre esigenze. E questo è servito anche sul piano economico, perché oggi, se guardiamo nel resto dei paesi europei, siamo quelli che forse hanno un percorso di crescita più rapido rispetto a quello degli altri. Perché, poi, questa pandemia, ci ha fatto vedere un altro modo di vivere, un altro modo di organizzare la nostra vita; ci ha fatto vedere alcune grandi potenzialità. Per esempio, nel rapporto tra Nord e Sud, ha spazzato via molti luoghi comuni: l’idea che la virtù stesse tutta da una parte e il vizio tutto dall’altra. Eravamo preoccupati del nostro sistema sanitario, e poi abbiamo scoperto all’improvviso che l’ospedale meglio attrezzato al mondo per fronteggiare il virus era il Cotugno di Napoli. Ma questo non significa fare la retorica opposta, rispetto alle dirette facebook che ci esaltano, perché non bisogna mai nascondere le nostre difficoltà, i nostri ritardi e i nostri deficit, ma dobbiamo essere consapevoli non tanto delle eccellenze, perché spesso fanno rima con le eccezioni, bensì delle cose che funzionano. Si devono diffondere le cose che funzionano: se un diritto è garantito da una parte, deve essere garantito anche dall’altra. Ed è questo l’impegno che noi stiamo dedicando al Mezzogiorno. Guardate, io non faccio mai la propaganda al governo, ma forse sono decenni che non prendevamo di petto così la questione meridionale. Adesso, siamo arrivati ad un appuntamento importante: se avesse vinto la destra, non ci sarebbe stata la svolta storica che si è prodotta a livello europeo e che ha delle ripercussioni straordinarie per noi”.
“Ma questo appuntamento”, ha proseguito il Ministro, “che sarà una occasione di grande programmazione per lo sviluppo, su cui voglio ritornare per dare qualche numero, per rappresentare l’idea della opportunità storica che abbiamo in mano.  Noi ci siamo arrivati, per una volta, in anticipo, perché avevamo presentato, una settimana prima che scoppiasse la pandemia, un piano per il Sud che adesso è diventato parte dell’impegno ufficiale che il governo ha assunto con l’Europa, perché è entrato a far parte del piano nazionale di riforma. Umberto Del Basso De Caro (presente tra il pubblico – ndr) lo sa, perché in Parlamento è stato votato questo impegno ufficiale del governo, con le riforme e le risorse previste in quel piano e anche con il metodo nuovo che si vuole costruire, che è un metodo di vicinanza e di attenzione verso i territori, perché questo è un elemento fondamentale. E, accanto a quel piano siamo riusciti poi, frutto di una battaglia politica anche nel governo, a inserire una misura di portata storica, che è una fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud, perché noi possiamo elaborare tutte le strategie che vogliamo, ma se manca il lavoro questa terra non avrà futuro per le nuove generazioni. Allora, dobbiamo compensare gli svantaggi che abbiamo registrato nel corso di questi anni, svantaggi che sono anche il frutto del lungo disinvestimento pubblico che c’è stato al Sud, in particolare anche da parte della politica nazionale”. “Per compensare questo svantaggio”, ha insistito Provenzano, “abbiamo bisogno di accompagnare questa politica di investimenti, nella scuola, nella salute, nello welfare, nelle infrastrutture, con una leva fiscale che renda più conveniente lavorare e produrre nel Mezzogiorno. Questo lo dobbiamo dire con orgoglio. Noi vogliamo un Sud che lavora, un Sud che produce. E pensiamo che questo serva allo sviluppo nazionale. Questa è la chiave con cui ci stiamo muovendo. E adesso abbiamo una straordinaria opportunità, quella di potenziare tutto questo lavoro, con le ricorse che arriveranno non solo con il  recovery fund , che il ministro Amendola è impegnato con noi a programmare,  ma anche con altri 70 miliardi, tra fondi strutturali e cofinanziamento nazionale, e con altri 70 miliardi ancora del fondo sviluppo e coesione, che erano finiti in un cassetto senza alcun impegno di spesa. Complessivamente, possiamo azionare una mole di risorse per il Mezzogiorno che, nella storia, non c’era mai stata. Io ho fatto i conti: nemmeno nell’intervento straordinario c’erano state tutte queste risorse, di cui disponiamo oggi”.“Ora”, ha assicurato Provenzano, “non dobbiamo sprecare questa occasione. Per non sprecarla, dobbiamo agire in due direzioni. Dobbiamo concentrarsi nel mettere a terra queste risorse, in quanto troppo spesso sono stati annunciati investimenti finiti poi nel vuoto. Questo perché poi è difficile realizzare gli investimenti. Ed è difficile, perché noi abbiamo anche  una amministrazione pubblica che troppo a lungo si è abituata a tagliare, fino a tagliare se stessa. Insomma, fa fatica a progettare, a immaginare un futuro per i territori. Per essere all’altezza della sfida storica che abbiamo di fronte, e che è nella nostra disponibilità, bisogna rigenerare la macchina amministrativa (applausi), riportare una nuova generazione all’interno della pubblica amministrazione a cui erano sbarrate le porte di accesso, perché abbiamo bisogno di quelle competenze, abbiamo bisogno di quelle nuove energie, capaci di guardare all’innovazione e di riorganizzare i processi di sviluppo e una rete di comunità che coinvolga i territori. Se non faremo questo, e non saremo capaci dal governo centrale di esercitare un ruolo di coordinamento serio, noi rischiano di sprecare questa partita. L’altra vicenda è quella di guardare a come si calano poi queste strategie a livello territoriale. Ecco perché io sono convinto che noi dobbiamo lavorare moltissimo su questo tema”.“Avete ragione: non c’è solo la questione meridionale”, ha riconosciuto Provenzano. “All’interno della questione meridionale, c’è un Sud nel Sud, che sono le aree interne. E questi divari territoriali, che si consolidano anche in altre parti del Paese, qui negano diritti su diritti, come il diritto di avere un punto nascita, perché, se chiudi il punto nascita, ad una comunità stai dicendo non solo che non ci puoi nascere in quel paese, ma se non ci nasci, non ci puoi nemmeno vivere. Si è parlato di insicurezza. Da quante volte stiamo parlando di sicurezza?  Ma la sicurezza cos’è se non quella di vedersi garantiti i propri diritti, nel senso che se ti ammali ti possa essere possibile essere ricoverato in un ospedale, con la possibilità di raggiungerlo, con l’ambulanza, in 20 minuti e non in un’ora e mezza.  Poi c’è la sicurezza delle infrastrutture, quella che ti consente di non perdere la vita nella viabilità secondaria, che abbiamo abbandonato anche per effetto di riforme sbagliate, come quella frettolosa e controproducente delle Province”.“Abbiamo poi la necessità di garantire”, ha proseguito Provenzano parlando di innovazione, una distribuzione dello sviluppo, senza essere rassegnati, come avveniva per i nostri padri e i nostri nonni, a vivere nell’abbandono, che lo sviluppo sia qualcosa che appartenga alle grandi città. Fare la rete unica delle telecomunicazioni sarà la cosa che ci garantirà questa infrastruttura digitale, di modo che la finiremo con il rimpallo di responsabilità tra i vari operatori, il tutto in danno dei cittadini. Avere, per esempio, la connessione nelle realtà rurali, ci può consentire di compiere quel salto verso un’agricoltura di precisione e ulteriormente di qualità, che rafforza, crea valore, chiama al lavoro di qualità”. Affrontando il tema dell’immigrazione e dell’emigrazione, il Ministro ha proseguito: “Io mi sono sempre occupato di questa ripresa delle emigrazioni giovanili.   Ebbene, sono convinto, e voglio ricordarlo ai nostri avversari, che l’emergenza, nel nostro Paese, in questi anni, non è stata l’immigrazione, l’emergenza è stata, invece, l’emigrazione dei nostri giovani (applausi), che ha diviso le nostre famiglie, che impedisce alle nuove generazione di costruirsi un futuro nei nostri territori. Ma non voglio nemmeno fare la retorica dell’emigrazione. Per questo sono convinto che i luoghi debbano essere vivibili: non basta che siano attraenti. Tuttavia, non bisogna negare a nessuno la libertà di andarsene. Andarsene, a volte, può essere utile, ma dobbiamo avere la capacità di farli ritornare o di attrarre gli altri.  Ci vuole la capacità di garantire al Sud, mi disse Antonella  quando sono stato nominato (ministro – ndr), il diritto a restare.  Guardate, dopo che, in tantissimi, sono tornati  al Sud durante la pandemia, abbandonando le città dove si sentivano insicuri, e che adesso sono qui,  magari lavorando in smart working nella misura in cui sono nelle condizioni di farlo, molti di loro mi scrivono per dirmi:  “Dateci la possibilità di lavorare qui”. Ecco, questa è la prospettiva che noi dobbiamo costruire: il diritto a restare. Io, veramente, vorrei dirvi che, per una volta, sono orgoglioso che sia il Partito Democratico ad alzare e a prendere in mano questa bandiera, perché noi abbiamo portato avanti nel governo nazionale il tema della equità territoriale. E dovete essere orgogliosi voi di raccontare agli altri, in questa campagna elettorale, l’impegno del Partito Democratico in questa direzione”.“Sono il primo ad essere consapevole”, ha riconosciuto il giovane Ministro, “delle difficoltà della crisi che stiamo vivendo. Tuttavia, la certezza sulla possibilità di sviluppo del Sud è nelle mani di tutti noi, non solo in quelle di un governo, di un ministro, di un partito. Ed è frutto di una battaglia, perché non vi sfuggirà che si stanno determinando già dei contraccolpi  su questo. C’è chi dice che non bisogna dimenticare la questione settentrionale. Ma è da 30 anni che in Italia si parla di questione settentrionale, ed è da 30 anni che abbiamo rimosso la questione meridionale. Adesso noi dobbiamo essere orgogliosi, perché questo tema non lo poniamo per rivendicare una questione di identità o un atto di giustizia, ma lo poniamo perché serve all’Italia intera. Avere un Sud che Lavora, un Sud che si rialza, un Sud che produce è un primo interesse del nostro Paese. Per farlo però dobbiamo metterci tutti a ragionare intorno a un tavolo. Ed io vedo qui uno spazio enorme per il Partito Democratico. Noi siamo in campagna elettorale, e chiaramente la priorità è quella di convincere i nostri elettori sulla scelta che riguarda il futuro di questa Regione. Ma noi abbiamo una opportunità anche in questo momento, in queste ore: chiamare a raccolta imprenditori, sindacati, mondo del lavoro, reti associative (io prima sono stato in un bellissimo consorzio, “Il sale della terra”, una realtà straordinaria), reti di cittadinanza, cioè tutti coloro che debbono essere poi davvero protagonisti di questo sviluppo. E’ chiaro, quindi, che noi dobbiamo subito instaurare un rapporto. Non possiamo perdere tempo, abbiamo bisogno adesso di mettere insieme tutti i progetti in una strategia integrata di sviluppo.  Il compito del Partito Democratico è quello di essere promotore di una mediazione sociale. Ecco perché, in questo momento, noi riaffermiamo tutta la forza del Partito Democratico”.“I candidati sono loro in questo momento”, ha affermato Provenzano concludendo, “ma dobbiamo sentirci tutti candidati in questo momento. Abbiamo la necessità che il Partito Democratico, in questa sfida, che non deve essere data per scontata, faccia il suo risultato, perché il destino delle comunità non passa da formazioni estemporanee, da un civismo, vero o finto che sia, dove molto spesso si nasconde un male atavico del Mezzogiorno, che è il trasformismo.  Per portare avanti quel compito, è necessario, invece, avere una classe dirigente nuova che si formi nei percorsi politici, una condizione che solo il Partito Democratico può garantire”.A proposito di liste civiche, cui hanno fatto allusione i candidati del Pd e lo stesso Ministro Provenzano, nel pomeriggio dello stesso 9 settembre c’era stato l’incontro, del vice presidente della Regione, Fulvio Bonavitacola, con i candidati e i rispettivi sostenitori della lista “De Luca Presidente”.  L’ex vice sindaco di Benevento e attuale consigliere comunale, Raffaele Del Vecchio,  è candidato in tale lista, poiché non ha avuto spazio nella lista del Pd, in quanto il partito, in una lista in cui i candidati non possono essere più di due in una alternanza di genere,  non poteva non ricandidare il consigliere regionale uscente, Erasmo Mortaruolo. Del Vecchio, però, in una caduta di stile, si è lasciato andare, in modo poco garbato, per usare un eufemismo, inunal polemizzare, a distanza, con la maggioranza locale del Pd, non sempre allineata con la maggioranza regionale del partito.
L’ex sottosegretario, Umberto Del Basso De Caro, bersaglio di Del Vecchio, ha prontamente replicato:  “Non ho alcun interesse ad alimentare polemiche, meno che mai con chi, per rifarsi una verginità, percorre la strada dell’insulto o della contrapposizione irriducibile. Accanto al “pensiero inutile” esiste la categoria interpretativa del senza pensiero formata in genere da coloro che “hanno vissuto di politica” sulle spalle della collettività, senza alcuna idea che non fosse legata alla propria sopravvivenza ed a chi, in quel preciso momento, apparisse in grado di continuare la guerriglia. Rinvio, sul punto, alla acuta lettura psicologica di una giornalista sannita: “la sindrome rancorosa del beneficiato””.La sortita di Del Vecchio ha lasciato amarezza all’interno del Pd. Non a caso, Nicola Gagliarde, consigliere comunale di Pago Veiano, in sintonia con un invito rivolto in precedenza da Del Basso De Caro a tutto il partito, ha invitato, in una lunga nota, a non disperdere il voto su simboli e liste civiche che spariranno il giorno dopo le elezioni.
Giuseppe Di Gioia

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