Associazione ”Tecla” – Ricordo di coloro che hanno combattuto il nazifascismo con ”Diario di guerra”

L’evento per ricordare il giorno della Liberazione è stato rinviato al 30 aprile, per rispettare il lutto dovuto alla scomparsa di un grandissimo vicario di Cristo: Papa Francesco. Nessuno lo dimenticherà mai, sia esso ateo o credente o di altro credo. Un uomo che ha dato una svolta significativa alla Chiesa Cattolica e che speriamo trovi, nel suo successore, un coraggioso prelato, capace di portare avanti questo difficile, ma necessario cambiamento.
È stato ricordato dunque il sacrificio di tantissimi uomini e donne che hanno combattuto il nazifascismo e ci hanno ridato la libertà e la possibilità ora di poterlo ricordare.
Ed è proprio quello che Diario di Guerra è stato fatto dall’Associazione Tecla che ci ha presentato, con “Diario di guerra”, la storia di due giovani, chiamati alle armi, per combattere nel secondo conflitto mondiale.
La ricostruzione storica è stata puntuale. Tutto comincia con la firma dell’armistizio da parte della monarchia italiana, la quale, complice del regime fascista, si rende conto dell’inevitabile perdita della guerra e tramite il Maresciallo Pietro Badoglio ordina ai soldati italiani di combattere i tedeschi, al fianco degli angloamericani.
A questo punto lo sconcerto e la confusione sono totali: i tedeschi, a loro volta, si ritrovano da alleati a nemici degli italiani e quest’ultimi, a loro volta, non sanno bene cosa fare.
Alcuni di loro, però, decidono di opporsi, quali civili, alle truppe nazifasciste e nasce così “la Resistenza”, che ci viene presentata con la vicenda di due soldati italiani, interpretati magistralmente da Maurizio Tomaciello (Carlo) e Vincenzo De Matteo (Armando).

La storia è in fondo semplice. I due ragazzi si rifiutano di combattere per la Repubblica Sociale, con la conseguenza che chi non accetta di arruolarsi coi nazisti viene spedito nei campi di prigionia in Germania. Questa la sorte che tocca ai due protagonisti, Carlo e Armando, che, riescono a fuggire, per salvarsi.
Quando Armando racconta, quanto gli è accaduto e, per paura di dimenticare qualche dettaglio, ha preso appunti su un diario, dice: “In quel campo, si era perso ogni senso umano. Si veniva fucilati per poco. Un ragazzo, Agostino di Benevento, fu ucciso solo per aver rubato un salame”. Dopo la fuga per rientrare a casa, i due giovani vivono nella fame e nella paura, si nascondono in una capanna e rubano quel poco di cibo che possono. “Con la fame anche il pane duro diventa mangiabile”. Nel dialogo tra i due amici riusciamo a capire l’angoscia e il tormento che stanno vivendo.
I due attori hanno saputo comunicare al pubblico il dolore e la rabbia, soprattutto quando arriva la notizia della morte di due partigiani: Lorenzo, di Nocera Inferiore, e di Ada, la sorella di Carlo.
Quando Armando muore, Carlo afferma: “Ora è tempo di un progetto, siamo patrioti e partigiani, abbiamo scelto la parte giusta della storia. Io e Armando fummo chiamati alle armi nell’agosto del 1940. Io feci venire Ada a combattere. La sua morte è colpa mia. Sono qui per raccontare e ricordare i compagni caduti. Caro Carlo, prometto di portarti a casa, nella tua terra”.
Il racconto è stato accompagnato dalle immagini di partigiani sui monti che vanno all’assalto, con le bombe, contro fascisti e nazisti. La scenografia ha reso così ancora più efficace il messaggio, con le luci curate da Antonio Benedetto, che, come sempre, ha gestito anche l’audio.

Alla fine della rappresentazione, la cui sceneggiatura è stata accuratissima, così come i vestiti e gli arredi, Linda Ocone ha voluto ricordare che la performance è stata una suggestione teatrale, la cui storia è stata tratta da un libro di Bruno Menna, e si è rivolta particolarmente grata ai musicisti, della QuBeat Lab, composta da Valerio Mola, Pellegrino Bosco e Tersa Bosco, che hanno sottolineato la drammaticità dei vari momenti.
Molto toccante è stato anche l’intervento del Presidente dell’Associazione Tecla, Piergiulio Simone, il quale ha voluto sottolineare che quanto accaduto, durante la Seconda guerra mondiale, desta in lui sempre più commozione. Ha voluto raccontarci anche l’episodio vissuto il giorno prima, quando gli era capitato di rientrare a Roma e in Piazza Plebiscito, zona Prato, mentre era in fila ed attendeva lo scorrimento del traffico, ha scorto una lapide con data 09.09.1943, che ricordava la costituzione del CNL, Comitato Nazionale di Liberazione”.
Essa fu un’organizzazione politica e militare italiana, costituita dai principali partiti e movimenti antifascisti del Paese, formatasi allo scopo di opporsi all’occupazione tedesca ed al nazifascismo in Italia. Il presidente, Simone, dunque, ha acutamente osservato: “quella lapide era lì da tantissimo tempo, ma io preso sempre dalla fretta, dalla necessità di partire o di arrivare, l’ho vista in quel momento, per la prima volta. Il palazzo mi è stato sempre noto per la gelateria che è presente da molto tempo al pianterreno”. Si è infine augurato che questi 45 minuti, trascorsi assistendo allo spettacolo, che si è tenuto presso la Spina Verde di Benevento, siano stati utili per ricordare eventi del passato, che incidono, sulla nostra vita presente.
Il ringraziamento conclusivo è stato poi del Presidente dell’Anpi, Amerigo Ciervo, il quale così si è espresso: “Ringrazio gli attori, e questi sono momenti necessari di resistenza. Io porto il nome, Amerigo, di mio zio, morto a soli 22 anni, dopo essere stato prigioniero 22 mesi a Norimberga. Ringraziamo anche tutte le donne, le suore, i preti che non hanno dato legittimità all’altra Repubblica (quella di Salò). Il momento storico in cui stiamo vivendo, comunque impone altri tipi di resistenza“.
Ha poi ricordato Umberto Eco, del quale a me piace ricordare quanto aveva affermato: ”Vi sono oggi alcuni che si domandano se la Resistenza abbia avuto un reale impatto militare, nel corso della guerra. Per la mia generazione, (che aveva vissuto in prima persona la guerra- ndr) la questione è irrilevante; comprendemmo immediatamente il significato morale e psicologico della Resistenza. Era motivo d’orgoglio sapere che noi europei non avevamo atteso la liberazione passivamente. La liberazione fu un’impresa comune per la gente di diverso colore (politico).
Il mattino del 27 luglio 1943 mi fu detto che: ”Il fascismo era crollato e che Mussolini era stato arrestato”. Mia madre mi mandò a comprare il giornale. Ne comprai uno, a caso, e lessi un messaggio stampato in prima pagina, firmato da cinque o sei partiti politici, come Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Socialista, Partito d’azione, Partito Liberale. Il messaggio celebrava la fine della dittatura e il ritorno della libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica. Queste parole ”libertà”, “dittatura”, era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinata libera occidentale”.

Ringraziamo dunque i due bravissimi interpreti, le autrici, Alda Parrella e Linda Ocone, quest’ultima anche nelle vesti di regista, l’Associazione Tecla che ha accolto l’invito dell’ANPI di Benevento di ricordarci, con questo spettacolo, da dove viene la nostra attuale libertà.
Essa non ci è stato affatto regalata, ma è nata grazie alla sofferenza di molti.
Maria Varricchio