De Vincenti a CIVES: “Le istituzioni siano al servizio delle energie vive della società meridionale”
Un pubblico particolarmente interessato alle tematiche oggetto dell’ottavo incontro di Cives e ai relatori di rilievo intervenuti ha vivacizzato l’incontro organizzato insieme con Confindustria Benevento e che è stato introdotto, come di consueto, da Ettore Rossi, coordinatore del laboratorio di formazione al bene comune. Nell’introdurre gli ospiti, Claudio De Vincenti e Filippo Liverini, Il direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della diocesi di Benevento non è riuscito a celare l’amarezza nelle parole di denuncia di decenni di politiche inadeguate che hanno avuto conseguenze nefaste non solo per il Sud, ma sono responsabili del cosiddetto “doppio divario”, Nord-Sud e ora anche tra Italia-Europa. Nei piccoli centri e, a voler zumare tra campanili, viuzze e case, si scopre il deserto di anime e di “cervelli”, emigrati in altre più lontane realtà territoriali, non essendo l’ attuale “società cognitiva” citata da Rossi, capace di impiegare i nostri giovani, i loro studi anche universitari e le loro competenze, ben apprezzate invece all’estero. Altra piaga lamentata sono le politiche estrattive e l’assistenzialismo, preferite a quelle inclusive capaci magari di stimolare il genius loci presente nei diversi territori meridionali. Lo stesso reddito di cittadinanza, seppure sia nato con l’intento anche condivisibile di limitare la povertà assoluta, alla lunga non è preferibile a politiche lungimiranti di investimento. Poi Rossi conclude auspicando una rinnovata e capace classe dirigente, in grado di traghettare l’Italia e gli italiani verso l’altra sponda della crisi economica. Una crisi che, a detta di Filippo Liverini, dati alla mano, ancora ci attanaglia dal lontano 2008. “Deteniamo il triste primato della mancata ripresa insieme alla Grecia”, afferma deluso il presidente di Confindustria Benevento. Poi aggiunge: ”Avremmo molti motivi di orgoglio: il mondo ci riconosce know-how, attrattiva, capacità di ricerca nelle scienze e nelle tecnologie, capacità manifatturiere, culinarie, artistiche in senso lato, ma non ne siamo consapevoli e continuiamo a piangerci addosso, riducendo così la capacità reattiva che ci lascia in uno stato comatoso da cui la politica e i cattivi governanti non riescono a tirarci fuori”. Si dice tuttavia fiducioso nella ripresa. Secondo le previsioni del Presidente di Confindustria Benevento e dai dati internazionali riportati, l’Italia potrebbe scalare di tre punti la classifica internazionale e porsi prima di Francia e Germania, se solo diventasse più competitiva portando a compimento la semplificazione amministrativa, se più italiani imparassero ad utilizzare il computer e se si perseguissero gli obiettivi di crescita sostenibile in campo ambientale, economico e sociale. Crede nelle donne Liverini, e sostiene che il sesso nient’affatto debole sa meglio gestire i ruoli nelle posizioni apicali, essendo le donne meno autoreferenziali degli uomini posti agli stessi livelli. Poi individua nella carenza di infrastrutture, nella mancanza di reti territoriali e nella riduzione nel numero di banche nelle piccole realtà territoriali un freno alla ripresa. Indirizza le responsabilità di business plan mancati da parte di una classe politica, spesso incompetente che, denuncia, ne elabora alcuni, ma solo in campagna elettorale, per poi sconfessarli nella fasi successive in cui dovrebbero concretizzarsi impegno e studio.
Sulla questione banche interviene Claudio de Vincenti, ex ministro alla Coesione territoriale e per il Mezzogiorno, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Renzi, nonché docente all’Università la Sapienza e alla LUISS Guido Carli. De Vincenti non trova disdicevole la presenza di più banche sul territorio; ciò che conta è che esse si occupino di formare manager, capaci di interfacciarsi sul territorio e saperne leggere le potenzialità e le richieste per creare un tessuto creditizio con cui far fronte alla crescita del Mezzogiorno. Un modo per recuperare c’è, rincuora, e va rinvenuto nel recupero di una cultura ecologica integrale, con iniziative a favore dell’ambiente e delle persone, da osservare con “sguardo diverso”, inclusivo e responsabile. Scienza e tecnologie non debbono essere demonizzate; esse, al contrario, “possono contribuire al cambiamento, alla qualità della vita, a compiere il salto verso la bellezza”. I principi ispiratori così come espressi nella “Laudato sì” di Papa Francesco, sono condivisi nella “Svolta della Commissione UE” con il “Sustainable Europe Investment Plan” e ripresi dall’Associazione Merita Meridione Italia, la “creatura” di cui De Vincenti è fondatore, che ha lo scopo di rimettere al centro il tema della questione meridionale come questione nazionale. Si è perso il senso di uno Stato centrale che si prenda la responsabilità dello sviluppo del Mezzogiorno, con istituzioni al servizio delle energie vive della sua società. Nel manifesto di MERITA si fa riferimento ad obiettivi di sostenibilità integrale per i quali occorre essere o avvalersi di amministratori responsabili, rinunciare a sogni di onnipotenza sul mondo a favore della ricerca di equilibrio tra Nord e Sud , mirare a colmare il divario economico e sociale che affligge il nostro Paese e recuperare il peso che l’Italia rischia di perdere nel confronto con l’Europa. Al Sud servono imprese e lavoro. De Vincenti riferisce di un passaggio d’epoca in corso che occorre saper gestire col ricorso a scienza e tecnologia rifuggendo ignoranza e pregiudizio. Tale passaggio ci traghetterà verso gli obiettivi programmati per il 2050, ma per forza di cose deve passare per percorsi intermedi, fatti di compromessi, di accettazione di misure che non sono l’obiettivo finale, ma che ci aiuteranno a raggiungerli. L’ex ministro parla del TAP, dei gasdotti , degli elettrodotti che sono indispensabili al passaggio verso la completa decarbonizzazione nella direzione di infrastrutture e mobilità sostenibili di eccellenza. “Il Mezzogiorno – conclude l’ex ministro – ha un ruolo fondamentale perché è un’area del Paese che può diventare il luogo dove facciamo questo passaggio d’epoca”.