NOI SANNITI SIAMO ANCHE LONGOBARDI! Un Romanzo storico di Carmine D’Agostino

Sabato sera, il 20 novembre, nello splendore accogliente del Centro “LA PACE”, dove senti rinnovarsi il respiro antico della vita e dell’anima delle “sentinelle della città” e, tra queste, anche di don Emilio Matarazzo, ora accanto all’impressionante, solenne, amorevole e dolorosa presenza del Gesù del Getsemani, è stato evocato il protagonismo storico, per quasi cinque secoli dei Longobardi a Benevento. In quest’Oasi meravigliosa, destinata nel sogno del fondatore a Cenacolo del Sannio, per un paio di ore si è parlato di Longobardia con l’Autore del romanzo “SEMPRE LONGOBARDO sulla strada per Benevento”.
Spesso avviene che un racconto possa sorprendentemente risvegliare l’attenzione cognitiva e culturale per dare luce a una complessa questione storiografica più di un saggio importante e intelligente per ricostruzioni di eventi, per analisi e giudizi sul valore costitutivo di un decisivo processo di civilizzazione.
Viviamo e riviviamo la nostra storia, soprattutto quella antica, privandola di corposità e di rilevanza in ordine all’orizzonte unitario e alla continuità della realtà sociale, culturale, politica e religiosa, animata nei territori di una regione, di una nazione, di un continente, del mondo. Carmine D’Agostino, negli anni scorsi ci aveva offerto un’appassionata, intensa rappresentazione del Triggio in “Il mio Triggio” e “I mille colori del Mio Triggio” con forti impulsi emotivi e affettivi, con suggestiva intonazione autobiografica nella storicità degli scenari della vicenda popolare della città. Affida ora a un longobardo divenuto monaco benedettino il ruolo primario e centrale della sua narrazione: è Erchemperto, autore di una “Storia dei Longobardi beneventani”, che va dalla caduta della Longobardia settentrionale nel 774 ad opera dei Franchi di Carlo Magno all’889, anno forse della sua morte. E’ una Historiola, una piccola storia, così la definisce l’antico autore, che vuol riprendere la “Historia Longobardorum” di Paolo Diacono, longobardo benedettino lui pure, riferita al periodo 570-774, dall’invasione di Alboino e del suo popolo al crollo del Regno con la conquista di Pavia e la prigionia dell’ultimo re, Desiderio. Infatti, quando D’Agostino racconta di Erchemperto, giunto dopo il lungo e non facile cammino da Montecassino a Benevento, viene accompagnato a visitare l’antico Triggio, si manifesta compiutamente l’empatia tra il romanziere di oggi  e lo storico benedettino del IX secolo.
E questa sorta di identificazione, confermata dalla dedica solenne del libro: “A tutti quelli che amano pensare che nelle proprie vene scorra sangue longobardo”, risveglia nel nostro DNA le tensioni morali, politiche, etiche e religiose della nostra genesi storico-antropologica e culturale che si costituisce, subito dopo le devastazioni immense della guerra gotico-bizantina, con la presenza dei Longobardi del duca  Zottone a Benevento. Nell’avvicinare con l’intelligenza del cuore la memoria storico-letteraria del “Sempre Longobardo”, si possono comprendere in profondità i vettori essenziali e quindi le radici che hanno dato forma alla nostra identità storica, rintracciabile ancora nella coscienza personale e comunitaria della nostra convivenza oggi.
Paolo Diacono e Erchemperto che, in tempi diversi, hanno illuminato gli eventi, i tempi, i luoghi e gli attori della Longobardia del nord e del sud erano longobardi e anche benedettini. Da questa appartenenza duale, al popolo barbaro invasore e alla Chiesa di Roma, dopo la conversione, operata da San Barbato, e l’abbandono del culto ofitico del serpente, si avvia l’integrazione dei vinti e dei vincitori ed è possibile registrare  lo splendore della Civilizzazione beneventana con Arechi II (758-787). E’ infatti il Monachesimo, Scuola di servizio divino, a introdurre alle sorgenti della Civiltà europea la “nuova cultura della Parola e del Lavoro” – Ora et Labora − e a generare la nuova, grandiosa realtà etico-politica del Medio Evo. Benedetto XVI, in un memorabile discorso al Collège des Bernardins nel 2008, rivolto agli intellettuali di Francia, spiegò che la motivazione dei fondatori della nuova cultura europea, i Monaci, nasceva dal desiderio di cercare Dio, quaerere Deum:  “Impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la vita stessa”.
Nel Ducato beneventano viene sperimentato come “la questione politica è prima di tutto una questione teologica” (Benedetto XVI), perché il mondo non è in grado di autofondarsi e di costruirsi a partire da se stesso. Anche quando nell’881 viene rasa al suolo dai Saraceni l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, fondata da tre longobardi di Benevento, e due anni dopo quella di Montecassino, non si arresta la spinta etico-politica e religiosa della Res publica Christianorum, e continuerà nel secondo millennio fino ad oggi. Ora, nel processo della mondializzazione contemporanea, mentre sembra diffondersi l’oblio tenebroso del Divino nella parola e nell’azione degli uomini e crescere l’offesa alla Verità, alla Libertà e all’Amore e avvicinarsi sempre più l’invadenza totalitaria dei poteri dominanti, l’invincibile, coraggiosa capacità di cercare Dio e di amare ci preserverà dalla menzogna e dalla violenza. La bella testimonianza letteraria e storica che ci ha donato Carmine D’Agostino ci persuada ad accogliere la sapienza divina del suo invito:
Se bussi alla porta dell’amore
ti aprirà l’amore.
Se l’amore bussa alla tua porta
deve trovare l’amore”.
Davide Nava

Un pensiero su “NOI SANNITI SIAMO ANCHE LONGOBARDI! Un Romanzo storico di Carmine D’Agostino

  • 26 Novembre 2021 in 18:46
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    Grazie infinite per l’articolo che mi riguarda. Ho gradito principalmente la minuziosa e precisa descrizione del libro, avendo colto con attenta intelligenza lo spirito che anima tutta la storia. A questo punto non mi resta altro che ringraziare ancora una volta il mio caro amico preside, al quale auguro una lunghissima vita serena.

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