Al BCT Festival, Pupi Avati racconta la sua vita

L’incontro con Pupi Avati è iniziato, invertendo la  prassi consolidata, e cioè con la consegna del Premio alla Carriera, da parte del direttore artistico  Antonio Frascadore, seguito poi dall’intervista resa alla bellissima Sonia, durante la quale il regista ci ha raccontato la sua vita, a ritroso, partendo  dal film  dedicato a Dante, sul quale inizierà a lavorare, fino a giungere ai  suoi primi fallimentari esordi.
Egli ci ha precisato che chiunque venga  a contatto con Dante, ne viene poi ossessionato; da questo poeta che conosce Beatrice a cinque anni, la idealizza a nove e, a 18 anni la saluta per la prima volta. La ragazza però, per volere del padre, sposerà Simone Bardi, ma morirà due anni dopo.
Avati è il primo regista nazionale ed internazionale che ha deciso di girare un film sul Sommo Poeta, di cui quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte. 
Egli vuol ritrarre un uomo in fondo anche profondamente sfortunato, perché quando si butta a capofitto nella politica ne esce sconfitto, con una pesante condanna di decapitazione e successiva distruzione, del corpo sul  rogo, qualora fosse rientrato a Firenze. 
Cotanto ingegno, è costretto dunque a rifugiarsi nelle varie corti del tempo, fino a giungere a Ravenna dove morirà e dove  una sua figlia, suora, rimane a vigilare sulla sua tomba, temendo che ne portino via il corpo. Nel 2020, la Repubblica Italiana ha stabilito  che il 25 marzo sarà la data per commemorare annualmente la figura di Dante; tale giornata nazionale è stata denominata Dantedì
Interpreti del film saranno Alessandro Sperduti, che interpreterà Dante Alighieri, da giovane mentre da adulto ci sarà Giulio Pizzirani; Carlotta Gamba sarà Beatrice; Sergio Castellitto, Giovanni Boccaccio, l’unico scrittore, quasi contemporaneo a Dante, che si interessò alla vita del poeta, riportata nel ”Trattatello in laude di Dante”, completato nel 1366. Il cast è composto anche  da  Valeria D’Obici  quale Suor Beatrice, Enrico Lo Verso  sarà Donato degli Albanzani, Romano Reggiani sarà Guido Cavalcanti, Alessandro Haber interpreterà l’Abate di Vallambrosa, Leopoldo Mastelloni sarà Bonifacio VIII, acerrimo nemico di Dante, Mariano Rigillo vestirà il ruolo di Meneghino Mezzani e Gianni Cavina quello di  Piero Giardino.
Dante  ci ha lasciato moltissimo, non solo la Divina Commedia, con l’uso aulico della lingua italiana, ma  non è stato comunque mai celebrato abbastanza e così Avati ha motivato la sua scelta di preparare questo film per riempiere un grande vuoto, spiegando che nel cinema succede sempre così: ”Se un film lo fa un regista, difficilmente lo stesso argomento sarà trattato da un altro. Lo spettacolo è competizione, abbiamo tutti a disposizione una grande torta, ed ognuno cerca di prenderne una fetta”.
Abbiamo trascorso una piacevole serata, perché simpaticissimo è stato il racconto dei suoi esordi con due films  fallimentari costati tantissimo al produttore, Carmine Rizzo, imprenditore e magate bolognese, e proprio per girare “Thomas e gli  indemoniati”, si recò presso una scuola di recitazione per trovare la protagonista. Avati la immaginava bionda, bella, come una Grace Kelly per capirci, e finalmente riuscì ad individuarne una che corrispondeva alla sua idea. Dopo averla fatta chiamare,  le diede un appuntamento per il giorno dopo, spiegandole il da farsi.
Grande però fu il suo stupore quando l’indomani vide arrivare una ragazza bruna, simile alla grande attrice greca, Irene Papas, la quale presentandosi al regista disse: ”La mia amica non è potuta venire ed ha mandato me”…. Il regista si sentì ferito ed insultato, ma quando a fine giornata gli fecero notare che la ragazza era rimasta tutto il giorno ad aspettarlo, in quella fredda giornata di ottobre, si impietosì e chiamandola le disse: ”Vieni qua per favore. Tu sei venuta per rovinarmi il film, mi sono commosso, te lo faccio fare”. La ragazza, felice, aveva ottenuto quello che voleva. La vedo mentre comincia a recitare le due pagine di  copione, che le avevo dato il giorno prima. Durante la recitazione,  si crea sul set un silenzio sacrale e quello che diceva l’attrice diventa meraviglioso: tutti erano attentissimi, alla fine tutta la troupe applaude, io le prendo le mani ghiacciate mentre le domando: “Chi sei?”.  “Sono Mariangela Melato”, rispose. 
A questo punto della serata,  quando abbiamo sentito i rintocchi della campana del vicino Duomo, perché la location era quella del sito archeologico dell’Arco del Sacramento, è sembrato quasi che Mariangela gli abbia risposto, salutandolo.
Nel suo discorso, Avati ci ha voluto far capire che la costanza, la tenacia sono armi infallibili ed ha citato anche la scoperta di un altro grande attore: Stefano Accorsi.
Il regista doveva andare a  girare un film in America e nella città di Bologna non trova  il protagonista. ”Incontro un ragazzo che mi saluta”, dice Pupi Avati, “e insiste per accompagnarmi in albergo, in compagnia della sua fidanzata,  per varie sere. La fidanzata poi mi spiega che Stefano vuole andare in America, anche per fare un film. L’accontentai, il giovane era promettente, talentuoso, disinvolto, simpatico. Dopo una scena d’amore di un film, non ha però più chiamato la sua fidanzata…. E’ talmente bravo che è nato per fare l’attore”.
Continuando nel racconto della sua vita, Avati ci ha parlato del suo incontro con Ugo Tognazzi, un attore che in quell’anno era il meglio pagato. Finì per recitare gratis per lui.
Il regista era stato costretto ad abbandonare frettolosamente la città di Bologna, a seguito di un tremendo scherzo, organizzatogli dagli amici del Bar Niagara, quando hanno finto di  farlo chiamare a telefono, addirittura da Dini De Laurentis. Ma, nel preciso istante in cui rispose al telefono, ne pronunciò il nome a gran voce, tutti i clienti del bar gli fecero una sonora pernacchia.
Visse con la sua famiglia per ben quattro anni, patendo letteralmente la fame, fino a quando pensò di contattare Paolo Villaggio, che si esibiva solo in televisione, in quanto recalcitrante al cinema, per convincerlo a girare un film con lui.
Vani furono però i tentativi, perché, dopo un primo approccio molto cortese, Villaggio, in seguito, evitò sempre di incontrarlo, fino al giorno in cui la moglie lesse su un giornale che sarebbe andato a Torvaianica, nel villaggio Tognazzi. Dopo tanti tentativi, riuscì a lasciargli il copione, su un tavolo per farglielo firmare.
Dopo circa quindici giorni, gli telefonò Ugo Tognazzi, che aveva letto il copione destinato a Villaggio. La moglie di Tognazzi, infatti, per errore, aveva inserito nella borsa del marito il copione sbagliato, quello che avrebbe dovuto leggere Villaggio. Tognazzi si dichiarò disponibile a girare il film. Nacque così il connubio più strano tra un regista che nessuno voleva più e l’attore più ben pagato del momento, che recitò gratis.
Continuando nel racconto dei suoi ricordi  ha parlato dell’incontro con Lucio Dalla, che ha rappresentato per lui l’esempio di come un grande talento, unito ad una grande tenacia, riescano a far raggiungere il successo, che a Lucio Dalla non è affatto mancato.
Ancora ci ha parlato della ”rivalità” cinematografica con Mario Monicelli sul numero dei film realizzati. “Infatti, un giorno, incontrandolo vicino casa,  Pupi Avati gli domandò quanti film avesse girato e Monicelli gli rispose ”65”, mentre –  ha commentato Avati – io ne ho realizzati 56, quindi quello di 65 è un numero difficile da superare. Ma anche la quantità è importante quando ti trovi a confronto con un  Lattuada o un Visconti”.
A febbraio 2021,  è uscito il nuovo film “Lei mi parla ancora”, tratto dal romanzo “Lei mi parla ancora – Memorie edite e inedite di un farmacista”, scritto  dal novantacinquenne Giuseppe Sgarbi (padre di Vittorio Sgarbi), interpretato da Renato Pozzetto, nel ruolo di Nino, che ha sostituito in realtà  Massimo Boldi, e da Stefania Sandrelli, nel ruolo di Caterina. 
Il film avrebbe dovuto essere distribuito nelle sale cinematografiche, ma a causa della pandemia da COVID-19 è stato venduto a Sky Cinema, che l’ha trasmesso in prima visione assoluta l’8 febbraio 2021. Alla proiezione di questo film abbiamo assistito, dopo l’incontro con Pupi Avati. 
Alla morte dell’amata moglie Caterina, Nino racconta la propria vita ad Amicangelo, un aspirante romanziere. Tra i due uomini si sviluppa un rapporto iniziato per lavoro ma che con il tempo e la  frequentazione, diventa  sempre più profondo, fino a tramutarsi in  un’amicizia sincera.
Nel film assistiamo al racconto di una grande storia d’amore durata ben 65 anni, storia che ha visto Renato Pozzetto, affiancato da una grande attrice, Stefania Sandrelli, che ha dato anch’ella una ottima interpretazione, gratificata per la sua bravura  con il “Premio speciale 75”.  
Con questo film, Avati ha voluto affrontare anche il discorso sull’evolversi della vita, il cui percorso è stato paragonato ad un’ellisse, composta da quadranti. Quando si è arrivati in cima, comincia il percorso all’inverso, ed infatti in questa discesa l’uomo si ritrova nel quadrato opposto a  quello del bambino, che si scoprono uguali perché sono due categorie entrambe vulnerabili. Da vecchi assomigliamo sempre di più a quando eravamo bambini. E da qui il suo sogno: quello di ritornare fanciullo: ”Una sera a casa, a San Vitale, dove mia madre e mio padre mi aspettano per la cena”.
Con questa frase, ricca di struggente malinconia, Pupi Avati si è congedato da Benevento.
Maria Varricchio

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