Falanghina Doc nell’Unesco, un’idea vecchia già usata in troppe campagne elettorali

Il dottor Amedeo Ceniccola interviene con una sua nota sull’ennesimo tentativo di speculare per fini elettorali sul progetto Falanghina.

Apprendo dalla stampa che il Governatore De Luca a Napoli ha deciso, in piena campagna elettorale, di spendere ben 200 mila euro per finanziare la proposta progettuale denominata “Il paesaggio culturale e antropico della Falanghina Doc come bene immateriale Unesco” mentre il Presidente  Conte, a Roma, con un colpo di spugna ha sancito la  fine delle  Doc e dei vini a Denominazione di origine controllata e garantita col pretesto del virus cinese.
Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere!
Non sono bastati i 500 mila euro spesi lo scorso anno per “studiare” il Sannio Falanghina; non sono bastati gli altri 500 mila euro del “Bio-Wine” spesi sempre lo scorso anno per “studiare” il Sannio e la Falanghina (usati, però, per scrivere  uno “straordinario” Regolamento di Polizia Rurale Intercomunale che quanto prima ci faranno leggere).
C’è bisogno di altri 200 mila euro prelevati dalle tasche dei cittadini-contribuenti e da spendere in campagna elettorale per… completare l’opera e farci arrivare in… Paradiso, nel Paradiso dell’Unesco e risolvere, finalmente, tutti i mali antichi e cronici di cui soffre questa nostra sventurata terra (sic).
Sono convinto che il principe De Curtis (in arte Totò) avrebbe risolto la faccenda con un semplice: “…E io pago!”
Da parte mia, in attesa di poter leggere il rendiconto analitico e dettagliato di questi “straordinari” progetti regionali e comunitari che hanno provocato una “svolta epocale” in provincia di Benevento non posso nascondere che le “straordinarie”  aspettative evocate nell’annunciare con squilli di tromba quest’ultimo finanziamento pre-elettorale (qualche malpensante dice che trattasi di una semplice “marchetta elettorale” per sostenere un candidato-amico)  mi hanno fatto ricordare di essere nato in una famiglia dove si tirava a campare coltivando la vite e, soprattutto, che questa è una terra che ha sempre dovuto cavarsela da sola.
Dunque, ricordando la lezione dei nostri padri, non posso nascondere che la prospettiva di dover consegnare la vigna Sannita all’Unesco mi fa tremare le vene dei polsi.
Temo che per i nostri filari di Falanghina, Aglianico e Barbera  l’arrivo di questo mastodontico carrozzone internazionale, con sede a Parigi e funzionari pagati a peso d’oro  potrebbe  fare più danni della peronospora e della cocciniglia.
Potrebbe distruggere quel che di buono conserviamo da generazioni e che ogni anno i nostri bravi “zappatori-vignaioli” riescono a far rivivere con tanta fatica e poco guadagno.
Sia ben chiaro a tutti che nessuno sa proteggere Aglianico, Barbera e Falanghina meglio dei vignaioli guardiesi, castelveneresi, solopachesi, vitulanesi e torrecusani, per citarne alcuni. 
Il rischio è di rovinare i nostri tesori. Basta vedere quello che succede al nostro Bel Paese che è il Paese campione del mondo nei siti considerati Patrimonio dell’Umanità (con più di 50 presenze su circa mille siti sparsi nel mondo) e forse, proprio per questo, è campione mondiale nel distruggere i propri tesori e nel perdere turisti: fino agli anni Settanta, quando di siti Unesco non ce n’erano ( il primo  è stato riconosciuto nel  1979), eravamo il primo Paese al mondo per visitatori stranieri. Oggi abbiamo più di 50 siti riconosciuti dall’Unesco e siamo precipitati al quinto-sesto posto, scavalcati persino  Francia e Spagna.
Naturalmente, parlo del periodo pre-Covid perché oggi, per dirla con franchezza, Roma, caput mundi è morta! Altro che… Unesco.
Sarà una coincidenza? Forse. Ma io sono convinto che i nostri vignaioli preferirebbero che le coincidenze stessero lontano dalla loro amata vigna.  Ai nostri governanti, ricordando che tale proposta è già vecchia (essendo stata già presentata ben 6 anni orsono  in pompa magna e con squilli di tromba  – arricchita  da un banchetto  sfarzoso e costoso – all’inizio dell’ultima campagna elettorale amministrativa guardiese) viene spontaneo domandare:
– come mai questo progetto viene finanziato proprio in coincidenza dell’avvio della campagna elettorale di un sindaco che “corre” a sostegno del Governatore De Luca?
– davvero pensate che i  burocrati francesi dell’Unesco possano proteggere  la Falanghina o l’Aglianico  più di quanto abbiano fatto i nostri vignaioli? 
– davvero pensate che il patrimonio Unesco possa far arrivare qualcosa in più in tasca dei nostri viticoltori che vivono un disagio esistenziale ai limiti della sopportazione? 
Temo che possa succedere esattamente il contrario. Del resto non sono pochi i casi, in Italia e  all’estero, che confermano questa mia preoccupazione.
Dott. Amedeo Ceniccola
Ex Sindaco di Guardia Sanframondi
Fondatore della “Casa di Bacco”

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