Familiari delle vittime di Villa Margherita chiedono giustizia, mentre la Procura individua i primi indagati

Al netto dell’altalena giornaliera, tra guariti e contagiati da Covid19, in cui una volta sono di più i primi e un’altra volta i secondi, alla data del 29 aprile i sanniti  positivi al coronavirus, da quando è risultato contagiato il 25 febbraio il giovane militare Guardia Sanframondi, sono 119, di cui 84 in cura presso il proprio domicilio; mentre il numero dei guariti, sempre sanniti, è di 53. Alla Clinica Villa Margerita, dei 72+4 contagiati, di cui 44 sanniti, sempre alla data del 29 aprile sono ancora ricoverati 20 pazienti, dei quali, al primo tampone, 4 sono i positivi, 3 i guariti e 13 i negativi, in attesa, questi ultimi, della controprova.
Dei contagiati di Villa Margherita, 23 sono finiti al “Rummo”, tra i quali il direttore sanitario, Giulio Di Gioia, ancora ricoverato, mentre una cinquantina, assistiti da 3 medici e una diecina di infermieri, risultati evidentemente indenni, sono rimasti in quarantena nel centro riabilitativo di Piano Cappelle.
I decessi verificatisi nelle nostre strutture sanitarie, sono 22, di cui 15 sanniti e 7 di fuori provincia. Dei 22 deceduti, 11 (il 50%), provengono da Villa Margherita: 7 sanniti e 4 di fuori provincia. Dalle notizie fornite dal Mattino, i 7 sanniti sono un 80enne di Benevento, un 79enne della provincia sannita, un 80enne di Montesarchio, una 90enne di Frasso Telesino, un’anziana donna di Benevento, una 68enne di Arpaia, deceduta il 14 aprile, un 69enne di Sant’Angelo a Cupolo, deceduto il 26 aprile; mentre  i 4 di fuori provincia sono il paziente di San Magno sul Calore (AV), deceduto il 4 aprile, un 82enne di Avellino, un 82enne di Baronissi (SA), deceduto il 20 aprile, e un 80enne di Casal di Principe (CE), ricoverato a Villa Margherita per riabilitazione cardiaca e deceduto il 28 aprile.
Il primo ad essere trasferito, il 23 marzo, al “Rummo”, per insufficienza respiratoria, è stato il paziente di San Magno sul Calore, che, a leggere Il Mattino, avrebbe 81 anni, nella nota del 7 aprile, e 72, nella nota del 30 aprile. Su questo paziente, ricoverato a Villa Margherita il 10 marzo, per sottoporsi a terapia riabilitativa, dopo aver subito l’amputazione di un arto inferiore presso una struttura sanitaria di Avellino (pare Villa Ester), ricaddero i sospetti di aver portato il virus all’interno della struttura di Piano Cappelle, ma, nel corso della sua degenza, leggiamo sul Mattino del 30 aprile, l’insorgenza di tosse e mal di gola non fu attribuita a manifestazione di sintomi da coronavirus. La vedova di questo deceduto ha denunciato il caso alla Procura della Repubblica di Benevento. La stessa cosa farà Michela Montella di Santa Croce del Sannio, figlia di Antonietta Izzo, la sessantottenne di Arpaia, deceduta al “Rummo” il 14 aprile scorso, dove era stata trasferita il 28 marzo, poiché il tampone effettuato il 24 marzo presso Villa Margherita, dove si era ricoverata il 4 marzo per sottoporsi a terapia riabilitativa dopo aver subito un intervento al cuore in una clinica di Mercogliano (AV), aveva dato esito positivo il 27 marzo. Si pensi che la dimissione della signora Antonietta era prevista proprio per il 24 marzo, dimissione resa impossibile dopo che, ricoverato al “Rummo” il 23 marzo per insufficienza respiratoria il predetto paziente di San Magno sul Calore, la clinica di Piano Cappelle era stata cinturata dalle forze dell’ordine, impedendo a chiunque di entrarvi e di uscirne, ha riferito la figlia Michela, la quale, riconoscente verso il personale sanitario del “Rummo”, che vorrà quanto prima ringraziare per le cure prestate alla mamma, si è riservata di contattare i familiari di altri pazienti contagiati da Covid19 nel centro riabilitativo e deceduti, perché si associno alla sua iniziativa legale. 
Rispetto al graduale sfollamento di Villa Margherita di pazienti negativizzati, abbiamo ripetutamente letto di un ritorno alla normalità della Casa di Cura di Piano Cappelle, con la ripresa dell’attività riabilitativa, su certa stampa interessata probabilmente ad attenuare i danni prodotti dalla clinica-focolaio. Un ritorno alla normalità, previa sanificazione degli ambienti, che è stato ribadito anche in previsione della dimissione degli ultimi 20 pazienti, mentre veniva data la notizia del sequestro, da parte dei Carabinieri di Benevento e dei Nas di Salerno, di computer e di cellulari riconducibili alla proprietà di medici e dirigenti, sottoposti anche a perquisizioni domiciliari.
Ma nello stesso giorno, il 30 aprile, in cui veniva data questa notizia, nel corso delle indagini, ancora in atto, da parte del pool costituito dal Procuratore, Aldo Policastro, e dai sostituti procuratori, Maria Colucci e Francesco Sansobrino, venivano iscritti nel registro degli indagati il direttore generale, Stefano Garelli, il direttore sanitario, Claudio Di Gioia, il direttore amministrativo, Stefano Nordera, e il responsabile medico della struttura, Alessandro Ciarimboli, con la contestazione di ipotesi di reato riconducibili a epidemia colposa, lesioni gravi e gravissime e omicidio colposo plurimo. Il fine dell’attività investigativa è quello di accertare se, prima del ricovero il 10 marzo del paziente di San Magno sul Calore, ci fossero già pazienti con sintomi ascrivibili a quelli del Covid19, e se siano state rispettate le linee guida  contro l’epidemia.
Il gruppo De Vizia smentisce la senatrice Sabrina Ricciardi

Intanto, è stato dimesso uno dei pazienti, che, contagiati nella Casa di Cura Villa Margherita, erano stati inviati, per ultimare la guarigione, alla  Gepos di Telese Terme, la clinica posta sotto accusa dalla senatrice Sabrina Ricciardi nella interrogazione da lei rivolta al Ministro della Salute, Roberto Speranza, al fine di far luce su contagi e decessi verificatisi nella clinica-focolaio di Piano Cappelle. La senatrice pentastellata, infatti, si fa forte, nella interrogazione, del fatto che testate giornalistiche l’8 aprile avevano riportato  “la notizia  che un dipendente amministrativo della clinica Gepos fosse risultato positivo ai test predisposti dalla stessa casa di cura”, e che, il 10 aprile, un altro organo d’informazione aveva precisato  che “presso la struttura sarebbero risultati positivi, dai test, anche altri dipendenti della Gepos nelle scorse settimane”. Ovviamente, la senatrice, nello sfoggiare il suo attivismo parlamentare, non manca di accusare l’incolpevole sindaco Pasquale Carofano, il quale, rispetto al diritto alla salute, costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, non avrebbe potuto impedire tali ricoveri, salvo osservare il fatto che la clinica si trova in una strada del centro, opportunamente sanificata da lui.
Ma anche rispetto alla nota con cui la Gepos smentiva le notizie giornalistiche dell’8 aprile, la senatrice ha osservato nella interrogazione: “Tuttavia questa dichiarazione sembrava essere stata smentita dall’ordinanza n, 52 dell’8/4/2020, emessa dal Comune di Cusano Mutri, in cui si dispone la quarantena per un residente a seguito dell’esito positivo di un test sierologico eseguito presso la Gepos di Telese Terme”.  La clinica del Gruppo De Vizia di Telese ha subito smentito la Ricciardi: “La senatrice paventa eventuali focolai riferiti alla nostra casa di Cura. Non ne ravvisiamo il senso visto che è la stessa senatrice a riportare, nella sua nota, i risultati negativi fatti dall’Asl al personale. Anche il solo accostare, poi, i fatti che hanno riguardato Villa Margherita alla clinica di Telese Terme, si qualifica per quel che è: una insinuazione che crea solo allarme senza fondamento”.Poi, il Gruppo De Vizia, dopo aver precisato che la Gepos, autonomamente, in via preventiva, prima di accogliere individui affetti da Covid19, ha sottoposto il proprio personale a test rapidi sierologici, ha dichiarato: “Innanzi al risultato dubbio del test rapido si è provveduto ad effettuare il tampone rinofaringeo analizzato dall’Asl di Benevento. (…). Il risultato, pare necessario chiarirlo, innanzi a eventuali difficoltà di comprensione, è COMPLETAMENTE NEGATIVO”.
Le iniziative parlamentari di… Alessandrina Lonardo Mastella

Nella vicenda epidemica, che ha colpito marginalmente il Sannio, e lo avrebbe colpito ancora di meno se non ci fosse stato, a parte quello di Paolisi, il focolaio di Villa Margherita, il sindaco Mastella sta avendo una notevole esposizione mediatica, nella misura in cui riesce a cogliere ogni occasione per mettersi in evidenza. Forse, anche per questo, come avemmo a osservare a suo tempo, ha ritirato le dimissioni da sindaco.Domenica scorsa, 26 aprile, lo abbiamo visto collegato con “Non è l’Arena” di Massimo Giletti. Al posto suo, poteva esserci un qualsiasi altro sindaco, che fosse gradito all’editore e/o ai giornalisti de La 7. Poiché durante la campagna elettorale amministrativa, e anche nel corso della guida della città di Benevento da parte sua, molto spesso si è fatto vedere negli studi di quella emittente televisiva, abbiamo motivo di ritenere che goda di tale gradimento, un gradimento che lo fa sentire certamente importante presso i  cittadini. Ma molti di quelli che gli hanno dato fiducia il 19 giugno 2016 sono rimasti delusi,  perché, oltre a non vedere realizzate le sue promesse, hanno capito il fine della sua candidatura a sindaco.La sua partecipazione a quella trasmissione potrebbe essere scaturita dalla necessità di dare il suo contributo, quale ex Guardasigilli, rispetto alla scarcerazione, per motivi di salute, del boss Pasquale Zagaria, un camorrista collegato al clan di Casal di Principe, il comune dove l’Udeur di Mastella, nelle regionali del 2010, è risultato il primo partito, in termini di voti ottenuti, e dove, nelle regionali del 2005, ha eletto Nicola Ferraro, un imprenditore del settore trattamento dei rifiuti, collegato al gruppo Bidognetti-Schiavone ancor prima di essere eletto consigliere regionale, che sarà poi processato e condannato, in via definitiva, nel 2015, per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso.In quella trasmissione è stato condannato il fatto che il dipartimento di amministrazione penitenziaria ha evaso il 24 aprile la richiesta avanzata il 9 aprile dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari avente il fine di sapere in quale carcere doveva essere trasferito Zagaria (Roma o Viterbo), dopo che lo stesso Tribunale lo aveva scarcerato il 23 aprile.
Mastella, tra l’altro, ha detto che egli, per favorire lo sfollamento delle carceri, ha proposto che i detenuti all’ultimo anno di pena possano essere utilizzati per pene alternative.Però, poiché in una nota dell’11 marzo scorso, la senatrice Alessandrina Lonardo Mastella propone un Decreto Legge, che possa determinare il predetto sfollamento, consentendo che “i detenuti a fine pena, ai quali manca da scontare un anno, possano essere utilizzati per pene alternative , soprattutto per lavori che in questo momento di emergenza nazionale tornerebbero utili, i malpensanti potrebbero essere portati a ritenere che dietro l’iniziativa della senatrice forzista ci sia la mano del marito, in quanto egli ha detto la stessa cosa in quella trasmissione, ma potrebbe anche trattarsi di comuni vedute politiche.

Nella nota, la senatrice ha poi aggiunto che la sua non è una richiesta di amnistia e neanche di indulto. A concedere l’indulto, con la legge 241/2006, infatti, fu il marito, quando era ministro della Giustizia, una legge che Berlusconi, non valutata nel 2008 quando escluse Mastella dalla sua coalizione dopo averlo spinto a far cadere il governo Prodi, ha sicuramente ritenuto efficace, invece, allorché, rispetto alla condanna a 4 anni per frode fiscale,ratificata dalla Cassazione il primo agosto 2013, ha avuto una riduzione di pena di 3 anni. Tutti sanno, poi, come ha scontato il rimanente anno, in un Paese dove  la legge è eguale per tutti. Ma, chissà, forse Berlusconi si sarà ricordato di quel beneficio quando ha nominato senatrice la moglie del sindaco di Benevento.
Giuseppe Di Gioia

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