Benevento paga pegno, si ferma un giro e torna alla casella di partenza. Nelle mani di Diomede

É una questione di scelte.
C’è chi sceglie di preparare il proprio dossier di candidatura a Capitale Europea della Cultura con più di tredici anni di anticipo.
Cosi fa Torino.
Che per coronare il percorso di riconversione da capitale industriale d’Italia a città di Cultura non vuole lasciarsi sfuggire l’occasione di farsi trovare pronta all’appuntamento per l’assegnazione del prestigioso riconoscimento europeo.
Quello per l’anno 2033!
E, per farlo nel migliore dei modi, invita ad un convegno sull’argomento il Direttore Generale della Fondazione Matera Basilicata 2019.
Cercando di far tesoro dell’esperienza di chi ha già visto i propri sforzi coronati da meritato successo.
C’è poi, invece, chi pretende d’essere “città di Cultura”.
Di esserlo da sempre.
Di avercela, la Cultura, nel proprio DNA.
Come Benevento.
E di poterselo conseguentemente vedere assegnato honoris causa, il titolo di Capitale Italiana della Cultura.
Del resto, vederselo assegnato grazie al dossier di candidatura sarebbe stato altamente improbabile, tenuto conto dell’ammontare di tempo e risorse dedicate al progetto.
Semplicemente inadeguato.
Come ben sapevano in tanti. 
Ma come invece sembrava ignorare l’ineffabile allora “assessore alla cultura senza maiuscola” che prima della presentazione vaneggiava di valorizzazione, millantava impegno, profondeva sicurezza e che dopo la sonora bocciatura nulla più ha proferito in merito.
Cosi, dalle parti di palazzo Mosti, invece di cercare su un navigatore il percorso più veloce per andare da Benevento a Matera – ed affrontare il viaggio, come si suol dire, con la cartella sotto il braccio come fanno i bravi studenti che sanno di avere ancora molto da imparare – gli amministratori locali hanno preferito cercare come arrivare in Francia, regione Aquitania, a Bénévent l’Abbaye, per gemellarsi con un ridente paesino di un migliaio di abitanti (bovini inclusi), custode anche quello di reliquie del santo Bartolomeo. 
É stato, anzi, nientemeno che lo stesso sindaco, nell’ambito delle sue personali letture – la fortuna dei lillipuziani di avere un gigante del genere a guidarli! – a scoprire l’esistenza del borgo d’oltralpe e ad occuparsi del gemellaggio quale prova ulteriore del portato storico di cui, a Benevento, “siamo eredi” – giganti e nani, senza esclusione alcuna.
Insomma, Matera riparte quest’anno con l’allure di una fama che ha di gran lunga varcato i confini nazionali; Parma si fregia del riconoscimento che nell’ambito, dopo quello europeo, è il più importante; Torino lavora con largo anticipo per ritagliarsi uno spazio in quella rete di centri europei di assoluta eccellenza nel campo della Cultura.
Benevento paga pegno, si ferma un giro e torna alla casella di partenza.
Letteralmente.
O almeno sarebbe questa la proposta di Anna Maria Mollica.
Ricominciare da Diomede. 
Nulla da dire in merito alla suggestione, per carità. 
Il progetto è piuttosto interessante: si tratta di un itinerario in 21 tappe che vede coinvolti – come illustrato dal consigliere comunale M5s – cinque paesi, sei siti Unesco e tre parchi nazionali.
Le testimonianze storiche ci sono: è Procopio di Cesarea, secondo la studiosa Marina Torelli, a narrare, dando credito a notizie che ancora circolavano alla sua epoca, di come la statua di Atena Pallade fosse stata consegnata nelle mani di Enea proprio da Diomede – autore, assieme ad Ulisse, del furto perpetrato a Troia. 
Eppure, più di un elemento della vita cittadina fa della possibilità di essere inseriti in questo progetto seriale l’ennesimo slogan inconsistente, l’ennesimo tentativo di spacciare per percorribile o profittevole una suggestione dietro la quale non vi è altro che una estemporanea proposta, slegata da qualunque altro contesto che non sia la ricerca della visibilità politica.
Mentre altrove prima si lavora e poi si prova a coronare il lavoro svolto con dei riconoscimenti – attendendo dunque questi, assieme al successo economico, anzitutto come conseguenza del lavoro svolto – nel capoluogo sannita, il riconoscimento lo si pretende in virtù del retaggio, della storia, del patrimonio.
E il lavoro che andrebbe poi fatto per presentare una città degna di quel retaggio magari nemmeno comincia.
Come nel caso del progetto “I Longobardi e il Sannio”.
AD 2016.
“Elaborato” dalla Provincia di Benevento sulla base di una “innegabile ispirazione” – inadeguato eufemismo per indicare il furto di un format, quello ideato e ormai collaudato dall’associazione cittadina “Benevento longobarda” –, il progetto (che prevedeva eventi quali “I tesori manoscritti di Benevento”, “La macchina del Tempo”, “Affreschi Beneventani” e che avrebbe dovuto accrescere i flussi turistici lungo l’intero anno con incrementi dei pernottamenti e delle presenze fino al 40%) ha arraffato 250 mila euro dalla Regione Campania e si è concluso con la realizzazione di concerti di musica jazz e popolare nell’ambito di manifestazioni del calibro di “Tartufo al Borgo” a Ceppaloni e “Xmas Village” a Montesarchio.
Caso, questo del progetto “I longobardi e il Sannio”, esemplare ma tutt’altro che unico nel panorama delle iniziative millantate culturali ma più prosaicamente tese al rastrellamento di finanziamenti e/o voti. 
La quotidianità beneventana, in effetti, è costellata da un vilipendio, un disprezzo, da offese di ogni genere a quel patrimonio, a quel retaggio, a quella storia che sembra avere valore solo in termini funzionali alla narrazione della classe dirigente locale.
Un giro nella buffer zone dell’unico monumento cittadino riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità – un’area che dovrebbe garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni inseriti nella lista dei siti protetti dall’Unesco –, qualche passo nei pressi di teatri ristrutturati, inaugurati in pompa magna e lasciati senza vita, qualche domanda in merito agli affreschi di piazza Sabariani, – come ha recentemente notato il sempre attento Jean Pierre el Kozeh – è sufficiente a comprendere con immediata chiarezza quella strana accezione di valorizzazione elaborata all’ombra della Dormiente.
Si ciarla di storia, si cincischia di patrimonio, si farfuglia di valorizzazione senza mai mettersi seriamente al lavoro.
Nessuna visione organica accompagna discorsi artatamente organizzati sulla base di una vaga o superficiale cognizione di causa.
Benevento fondata da Diomede, Benevento e il culto di Iside, Benevento sannita, Benevento romana, Benevento longobarda, Benevento e le streghe, Benevento città dei teatri, Benevento e la musica, Benevento, il cinema e la televisione, Benevento sulla Luna, Benevento chi più ne ha più ne metta: ma quante ore dovrebbe avere una giornata per permettere agli inquilini di palazzo Mosti di dare corpo almeno alla metà delle suggestioni che compulsivamente rilasciano a organi di stampa, social media e avventori di bar, per strutturare ognuna delle suggestioni che sono bravissimi a racchiudere in 140 caratteri e fonderle tutte in un piano strategico in grado di supportare davvero una candidatura a capitale della cultura?
A quante campagne elettorali, impegni politici, ospitate radio e tv, serate con amici e sostenitori dovrebbero rinunciare gli eletti locali per dare supporto fattivo a quanti, al di fuori del palazzo, nel campo della Cultura lavorano, ricercano, fanno squadra e producono risultati apprezzabili?
La pedissequa, metodica mortificazione di queste energie è, allo stato attuale, uno scempio ancora peggiore di quello perpetrato ai danni di storia, patrimonio e retaggio.
Massimo Iazzetti

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